Giornalista aggredita brutalmente in Cecenia: il problema della libertà di stampa in Russia

"Sei stata avvertita. Lascia questo posto e non scrivere nulla" le hanno ordinato gli aggressori

Foto | Sergey Babinets (responsabile della squadra anti-tortura) - Newsby.it
Newsby Giuliana Presti 5 Luglio 2023

Yelena Milashina, giornalista investigativa russa, è stata picchiata in Cecenia insieme al suo avvocato che la stava accompagnando per assistere a un processo a Grozny per il caso di una donna per loro ingiustamente perseguitata per motivi politici. La reporter della testata Novaya Gazeta, premiata nel 2009 da Human Rights Watch, ha un trauma cranico e le dita delle mani fratturate. La donna ha raccontato che gli aggressori armati e mascherati si sono accostati al taxi e dopo aver buttato giù dall’auto il conducente hanno fatto scendere lei e il suo avvocato, per poi legare loro le mani, puntargli una pistola contro la testa e picchiarli con manganelli e calci.

Gli aggressori, che hanno anche rasato la testa della giornalista e l’hanno cosparsa di vernice, hanno ordinato ai due – ormai a terra e senza forze – di lasciare il paese e di non scrivere nulla. Le attrezzature e i documenti della reporter, nota soprattutto per le sue indagini sui crimini commessi dal regime di Kadyrov, sono stati distrutti.

“Mi hanno inginocchiato e mi hanno puntato una pistola alla testa“, racconta la giornalista

Ci stavano già aspettando all’aeroporto. Aleksandr crede che alcuni di loro abbiano volato con noi. Hanno iniziato a seguirci non appena siamo saliti a bordo del taxi“, afferma la giornalista, che ricorda le parole degli aggressori: “Sei stata avvertita. Lascia questo posto e non scrivere nulla“. “È stato un classico rapimento. Hanno immobilizzato il nostro autista, lo hanno buttato fuori dall’auto, sono saliti, ci hanno piegato la testa, mi hanno legato le mani, mi hanno inginocchiato e mi hanno puntato una pistola alla testa“, ha raccontato dall’ospedale a Mansur Soltayev, un funzionario ceceno per i diritti umani. Vladimir Putin, che secondo il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov è stato informato dell’accaduto, ha definito il fatto “molto grave“.

Vera Politkovskaja
Foto | ANSA | ALESSANDRO DI MARCO – Newsby.it

Milashina è considerata erede di Anna Politkovsaja, la giornalista che lavorava a Novaya Gazeta e alle inchieste sulla guerra in Cecenia e le violenze del governo locale, assassinata a Mosca il 7 ottobre 2006. Il mestiere del giornalista in Russia è diventato negli ultimi anni fra i più pericolosi. Il Comitato per la protezione dei giornalisti (acronimo CPJ), ha definito la Russia “il terzo Paese al mondo per numero di giornalisti morti” dal 1991. Dal 1999 al 2022 sono stati uccisi circa 25 giornalisti russi e arrestati almeno 31.

La libertà di stampa in Russia

In questo preciso momento si può dire che il giornalismo libero in Russia non esiste più”, adesso le persone non hanno grandi possibilità di avere un’informazione piena, completa di quello che sta succedendo“, aveva detto all’ANSA Vera Politkovskaja, la figlia di Politkovskaja, che a febbraio ha presentato il libro ‘Una madre‘, in cui racconta la vita e le battaglie per la libertà di stampa della madre.

Anna Politkovsaja
Foto | ANSA | CRI – Newsby.it

Il rapporto della popolazione russa rispetto alla guerra è cambiato nel corso di questo anno. I primi giorni, le prime settimane, la sensazione generale era che non fosse successo nulla, la vita continuava nello stesso modo. Poi è accaduto che hanno cominciato a chiudere progressivamente i mezzi di informazione liberi, che non erano tantissimi, però c’erano. Cercare informazioni alternative era difficilissimo perché anche i siti internet sono stati bloccati. Soltanto poche persone, i giornalisti professionisti che hanno una certa esperienza e riescono a muoversi all’interno della rete, possono riuscire a a trovare informazioni alternative ma non sono in grado di comunicarle, di veicolarle alle persone perché se dessero informazioni diverse da quelle del ministero della Difesa il loro mezzo sarebbe immediatamente bloccato dalle autorità“, aveva continuato Vera Politkovskaja.

Per Amnesty il Cremlino ha “quasi del tutto privato la popolazione di informazioni obiettive, veritiere e imparziali bloccando i più popolari organi d’informazione critici del governo, chiudendo le emittenti radiofoniche indipendenti e costringendo decine di giornalisti a fermare il loro lavoro o a lasciare il paese“.

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