Digital-tech, intelligenza artificiale e robotica sono state protagoniste della prima giornata del WMF- We Make Future, Fiera Internazionale e Festival sull’Innovazione Tecnologica e Digitale in corso da giovedì 15, a sabato 17 giugno alla Fiera di Rimini.
Non solo AI, ma anche intelligenze naturali, relazioni umane e prospettive future condivise tra uomo e macchina, volte a potenziare e ad accelerare tutte le capacità dell’uomo.
Nella giornata iniziale del WMF ad affiancare Cosmano Lombardo, Founder e CEO di Search On Media Group e ideatore del WMF e Alice Mangione attrice, comica e content creator del progetto editoriale The Pozzolis Family, una co- conduttrice d’eccezione: Robot Sophia, l’umanoide più avanzato al mondo.
Prodotto dalla società di Hong Kong Hanson Robotics, Robot Sophia è in grado di conversare in modo naturale con gli umani, percepire i movimenti ed esibire una variegata espressività. È il primo androide della storia ad aver ottenuto lo status di cittadino, ed è il primo non umano ad aver ricevuto un titolo dalle Nazioni Unite, quello di “Innovation Champion”.
È stata proprio Robot Sophia ad introdurre sul palco principale del WMF lo scienziato Jerry Kaplan. Esperto di AI, inventore del Tablet e tra i pionieri della Silicon Valley, che ha coinvolto il pubblico con un apprezzato speech sull’ AI Generativa.
“L’ AI Generativa cambierà tutto. Siamo portati a pensare all’AI come il robot super intelligente che prende il sopravvento. Non è così. L’ai generativa non pensa e non agisce come lo fa l’uomo, lo fa attraverso i large language models, che condensano poi le informazioni in reti neurali, compattando le innumerevoli informazioni che riescono ad incamerare. Dobbiamo tenere ben a mente che non c’è un ‘loro’ e non c’è un ‘noi’, l’intelligenza artificiale non ha una mente pensante”.
Kaplan è stato inoltre intervistato direttamente da Robot Sophia, per una interazione uomo robot dal tono ironico e informale..
Non poteva mancare, poi, sul Mainstage, un intervento del “papà” di Sophia, David Hanson, Founder e CEO di Hanson Robotics.
“Sono qui per spiegarvi perché volevamo umanizzare l’intelligenza artificiale” ha detto l’inventore in apertura del suo speech. “I robot umanizzati possono essere estremamente utili per esplorare cosa significhi essere umani. Realizzare robot in questo senso permette di creare intersezioni meravigliose tipiche di noi esseri umani: chimica, ingegneria, arte, creatività. ci aiuta a capire cosa vuol dire esseri umani in modo visivo e poetico. Io penso che tutte queste tecnologie utilizzate al meglio accelerino le capacità umane E ha aggiunto “Probabilmente, un giorno, i robot arriveranno ad autoalimentarsi e un umanoide come Sophia potrebbe voler esplorare autonomamente e avere un certo livello di capacità. Questo in realtà è ancora fantascienza ma col tempo potremmo arrivare a dare una personalità a Sophia”
Di sicuro, però, nel presente, i robot sono già fondamentali in alcuni ambiti, come quello della medicina. Lo ha spiegato Agnieszka Wykowska, coordinatrice di “Social Cognition in Human-Robot Interaction” all’Istituto Italiano di Tecnologia spiegando come umani e robot possono lavorare insieme, per esempio per creare un futuro più inclusivo di bambini con autismo.
Fondamentale, ha spiegato Wykowska è la componente interattiva che si sviluppa tra un bambino autistico e un robot. Nell’interazione sociale, ha spiegato, ci sono sempre segnali che vengono decodificati in maniera automatica. “Per esempio guardare un’altra persona negli occhi ci aiuta a interpretare cosa comunica implicitamente con lo sguardo. Credo che capiate tutti l’importanza di guardare negli occhi una persona quando si parla. – ha spiegato – Credo che abbiate tutti avuto un’interazione con una persona che vi guarda o per troppo tempo o per troppo poco. Ma quanto è troppo o troppo poco tempo? È il nostro cervello che studia implicitamente questi meccanismi. E nel nostro laboratorio studiamo proprio questi meccanismi”.
Ma nei bambini autistici, ha spiegato, le interazioni avvengono in maniera differente. “È stato dimostrato – ha continuato – che i bambini autistici amano interagire con la tecnologia. E dopo sole due settimane di interazione bimbo – robot le interazioni sociali del bambino erano effettivamente migliorate. “Utilizzando i robot umanoidi – ha concluso – abbiamo cercato di capire in che modo funziona l’intelligenza umana, ci serviva per creare dei robot ancora più simili agli uomini. Insieme a questi robot potremmo creare un futuro migliore e più inclusivo”.