Intelligenza artificiale e diritto d’autore: a chi appartengono i contenuti realizzati?

La questione è controversa, soprattutto negli Stati Uniti, dove solo le opere realizzate dall’uomo godono di protezione. Eppure a settembre è stato riconosciuto il copyright a un fumetto realizzato con l’aiuto dell’Ia

Intelligenza artificiale
Foto | Pixabay @Gerd Altmann
newsby Alessandro Bolzani26 Gennaio 2023

Negli ultimi mesi si è parlato sempre più spesso dell’Intelligenza artificiale (Ia) e dei modi in cui può essere utilizzata per creare dei contenuti. Algoritmi come DALL·E e Midjourney hanno mostrato al mondo intero le potenzialità delle immagini generate partendo da descrizioni testuali, suscitando delle comprensibili preoccupazioni tra gli artisti, dovute non solo alla nuova forma di concorrenza, ma anche a tutti i problemi legati al copyright. Gli algoritmi, infatti, “imparano a disegnare” addestrandosi con opere preesistenti e nei contenuti che realizzano è possibile ravvisare elementi derivanti da decine (se non centinaia) di disegnatori diversi. Di fronte a dei risultati simili è possibile parlare di una violazione del copyright? E chi detiene i diritti delle immagini create dall’Ia partendo dai prompt dell’utente? La questione è complessa e si estende anche ai software che generano un contenuto testuale, come GPT-3 o Chat GPT.

IA
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Intelligenza artificiale e violazione del copyright

Finché si usa il materiale prodotto dall’Intelligenza artificiale per scopi personali non è necessario farsi troppi problemi, almeno per quanto riguarda il copyright. La questione cambia se si parla di contenuti che devono essere distribuiti, come articoli o testi creati nell’ambito del marketing. Bern Elliot, analista di Gartner, spiega che Chat GPT “è  stato addestrato sulla base di lavori preesistenti e non è ancora chiaro quali sarebbero le implicazioni legali nel caso in cui riutilizzasse del materiale protetto da diritto d’autore”. Per quanto riguarda l’assenza di citazioni ai testi di riferimento nei contenuti testuali realizzati dall’Intelligenza artificiale, Michael Kelber, copresidente della divisione dedicata alle proprietà intellettuali dello studio legale Neal Gerber Eisenberg, sottolinea che “se la fonte non è citata in modo esplicito, non è necessario inserire delle citazioni”. Quest’ultime, tuttavia, sarebbero utili dal punto di vista della credibilità del contenuto. Kelber aggiunge che il solo riutilizzo di un’idea non è sufficiente a infrangere il diritto d’autore di un’altra opera. Tuttavia la situazione cambia quando ci si trova di fronte a una copia palese.

Le opere generate dall’Ia sono protette dal copyright?

Margaret Esquenet, partner di Finnegan, Henderson, Farabow, Garrett & Dunner, LLP, sottolinea che negli Stati Uniti il copyright può essere concesso solo alle opere frutto della creatività di un autore umano. Pertanto le immagini e i testi generati tramite un algoritmo di Intelligenza artificiale non sono tutelate dal diritto d’autore. Non si può escludere che la situazione cambi nei prossimi anni, ma per ora i giudici si sono dimostrati ben poco propensi a concedere qualsiasi forma di protezione alle opere non generate dagli esseri umani.

C’è però stata un’importante eccezione: a settembre lo United States Copyright Office ha accettato di registrare un fumetto di 18 pagine realizzato con l’aiuto di Midjourney. La sua autrice, Kristina Kashtanova, è riuscita a dimostrare che il suo contributo nel processo di creazione è stato rilevante. L’impegno profuso da chi dice all’Ia cosa realizzare potrebbe quindi rappresentare un fattore chiave per stabilire quali sono le opere degne di protezione. Dopotutto c’è una differenza sostanziale tra chi si limita a scrivere “gattini in stile pop art”, accontentandosi del primo risultato ottenuto, e chi sperimenta con più prompt e interviene manualmente sul risultato finale per apportare delle modifiche sostanziali.

Algoritmo
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Le opere generate dall’Ia sono di pubblico dominio?

Sotto il profilo legale, tutto ciò che è prodotto da un’Intelligenza artificiale può essere classificato in due modi: 1) opera di pubblico dominio 2) opera derivata dal materiale al quale l’Ia è stata esposta durante il suo addestramento. “In questo secondo caso sarebbe difficile stabilire a chi appartengono i diritti – spiega Esquenet – Bisognerebbe prendere in considerazione vari fattori, come la provenienza del dataset usato per addestrare l’Intelligenza artificiale, chi lo possiede (ammesso che sia possibile stabilirlo) e il livello di somiglianza tra l’opera generata e quelle contenute nel dataset”.

Anche considerando l’Intelligenza artificiale come uno strumento tramite il quale un essere umano realizza un’opera, restano comunque dei problemi da risolvere. “A differenza di quanto avviene, per esempio, con i software per il disegno digitale, il controllo che si può avere su questi algoritmi è limitato – spiega Kelber – Sotto alcuni punti di vista, il risultato finale dipende più dai creatori del software che dagli input dell’utente”.

È legale usare del materiale protetto dal copyright per addestrare l’Intelligenza artificiale?

Come detto, l’addestramento dell’Intelligenza artificiale si basa sull’esposizione a un enorme quantità di materiale preesistente, spesso proveniente dal web. Per fare un esempio, il dataset usato per “allenare” Stable Diffusion contiene miliardi di immagini provenienti da centinaia di siti diversi: si passa dai blog di WordPress e Blogspot a piattaforme dedicate agli artisti come DeviantArt, fino ad arrivare a Shutterstock e Getty Images, che ospitano dei contenuti a pagamento.

Chi lavora nel campo dell’Ia giustifica questo “furto” appellandosi al fair use, una disposizione legislativa dell’ordinamento giuridico degli Usa che concede l’utilizzo delle opere protette dal copyright per promuovere la libertà di espressione. Daniel Gervais, professore presso la Vanderbilt Law School ed esperto di proprietà intellettuali, spiega che le probabilità che i dataset siano protetti dal fair use sono abbastanza alte, ma ciò non implica che valga lo stesso per le opere generate dall’Intelligenza artificiale. A tal proposito The Verge fa un esempio piuttosto calzante: non c’è nulla di male a creare dei soldi falsi per un film, ma usare quel denaro per comprare un’automobile è del tutto illegale. Nel caso dell’IA è senz’altro possibile basarsi su dei quadri per addestrare l’algoritmo, ma usare quest’ultimo per creare delle immagini che riprendono lo stile delle opere potrebbe danneggiare gli artisti che le hanno realizzate.

I prossimi passi da compiere

Per risolvere questa situazione spinosa potrebbero essere necessari dei cambiamenti non solo alle leggi che tutelano il diritto d’autore, ma anche al modo in cui l’Intelligenza artificiale viene addestrata. Se si riuscisse a creare dei dataset senza danneggiare gli autori delle opere, allora l’uso dell’Ia per generare dei contenuti potrebbe diventare meno controverso ed essere accolto con maggior favore da artisti, scrittori, musicisti ecc. Al momento però la strada da percorrere per arrivare a un simile risultato appare ancora lunga e irta di ostacoli difficili da superare.

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