Governo Meloni, il punto della situazione a 100 giorni dall’insediamento
Tra screzi con l’opposizione, una crisi diplomatica con la Francia e l’approvazione in tempi record della manovra, i primi tre mesi del nuovo esecutivo sono stati tutto tranne che tranquilli

Foto @Presidenza della Repubblica
Il governo Meloni si prepara a festeggiare i suoi primi 100 giorni dall’insediamento, risalente al 22 ottobre 2022. In poco più di tre mesi l’esecutivo ha già dovuto affrontare delle sfide tutt’altro che facili e a prendere delle decisioni sul cammino che intende portare avanti nei prossimi anni.

Le tensioni durante la spartizione delle poltrone
Le difficoltà, a ben guardare, sono iniziate ancora prima della formazione ufficiale del governo, quando il braccio di ferro per la spartizione delle poltrone si è rivelato più arduo del previsto. In particolare, Silvio Berlusconi, presidente di Forza Italia, ha dato parecchi grattacapi ai suoi alleati a causa delle sue posizioni sul conflitto tra la Russia e l’Ucraina, emerse con chiarezza grazie a un audio “rubato” durante un’assemblea, e della sua ostilità nei confronti di Giorgia Meloni. Difficile dimenticarsi del fantomatico foglio nel quale l’ha definita “supponente, arrogante e offensiva”.
Queste tensioni sembrano ormai un ricordo lontano, segno evidente che la premier è riuscita a placare gli animi e a ricompattare una maggioranza che minacciava di dividersi ancora prima di salire al potere.
Decreto anti-Rave e primi screzi tra il governo Meloni e l’opposizione
Durante il suo primo Consiglio dei ministri, risalente a fine ottobre, il governo Meloni ha varato un decreto destinato a far discutere sia l’opposizione che parte dell’opinione pubblica: quello relativo ai rave, che prevedeva la confisca degli oggetti usate durante l’occupazione, la reclusione da tre a sei anni e multe a 1.000 a 10.000 euro. Il dl, in seguito rivisto in Parlamento, ha introdotto anche delle novità sull’ergastolo ostativo e lo stop all’obbligo vaccinale anti-Covid per medici e professionisti della sanità in generale. Tutte scelte che hanno rimarcato con chiarezza la distanza esistente tra il governo Meloni e il precedente esecutivo, guidato da Mario Draghi.
Il braccio di ferro con la Francia sui migranti
Il divario tra i due esecutivi è diventato ancora più ampio quando le scelte del governo Meloni hanno causato un incidente diplomatico con la Francia. Il pomo della discordia? La nave Ocean Viking, con a bordo 234 migranti, alla quale l’esecutivo italiano ha negato l’autorizzazione allo sbarco, portando a un successivo approdo dell’imbarcazione nel porto di Tolona, apparentemente autorizzato dalla Francia stessa. La reazione del presidente francese Emmanuel Macron ha però messo in chiaro che l’accordo ventilato da vari politici italiani, tra cui Matteo Salvini, non si è mai concretizzato, perlomeno non nei termini sbandierati con orgoglio dal governo.

La prima legge di bilancio del governo Meloni
Una delle sfide più grandi affrontate dal governo Meloni nei suoi primi cento giorni è stata di sicuro la lotta contro il tempo per approvare la legge di bilancio. La manovra ha fatto parlare di sé sia per i suoi elementi di continuità con il passato, tra cui la gestione del debito pubblico, sia per il tentativo di introdurre alcune misure mal viste dall’opposizione, tra cui lo stop alle multe per gli esercenti che rifiutano pagamenti elettronici sotto i 60 euro (poi bocciato da Bruxelles) e il tetto al contante a 5mila euro.
Il mancato taglio delle accise
Tra le bufere più recenti che il governo Meloni ha dovuto affrontate è impossibile non menzionare quella legata alla scelta di bloccare in legge di bilancio il taglio delle accise sulla benzina, presente nel programma elettorale di Fratelli d’Italia e voluto dal precedente esecutivo. La scelta, giustificata parlando della necessità di concentrare le risorse su altre forme di aiuto per fare fronte al caro energia, ha creato parecchi malumori. La successiva entrata in vigore del decreto trasparenza, che prevede l’obbligo per i gestori di esporre il prezzo medio nazionale dei carburanti, il rafforzamento dei poteri del Garante sui, l’istituzione della Commissione di allerta sui prezzi e l’inasprimento delle sanzioni, ha portato a uno sciopero dei benzinai che ha indotto il governo ad aprire le porte a un tavolo di confronto con la categoria.