Terremoto in Turchia e in Siria, cosa ha determinato una magnitudo di 7.8

Si continua a scavare tra le macerie dei palazzi crollati a seguito del terremoto di magnitudo 7.8 che ieri poco prima dell’alba ha colpito il sud est della Turchia e il nord della Siria. Il bilancio del sisma, il cui epicentro è stato registrato nelle vicinanze di Kahramanmaras con ipocentro a 10 chilometri di profondità, si aggrava di ora in ora. Si temono oltre 10mila vittime mentre la terra continua a tremare: la scorsa notte si sono verificate oltre 300 scosse di assestamento.

La placca anatolica

Il terremoto si è verificato intorno alla faglia anatolica orientale, una regione di instabilità che corre da sud-ovest a nord-ovest del confine sud-orientale della Turchia e che è considerata una delle zone sismiche più attive al mondo. L’area intorno alla penisola anatolica infatti costituisce il punto d’incontro di tre placche tettoniche (le “porzioni” che compongono il guscio esterno del nostro pianeta): quella arabica, quella anatolica e quella africana. La placca arabica si sposta verso nord a una velocità di 11 millimetri all’anno, riferisce il sismologo dell’University College of London Stephen Hicks, spingendo la placca anatolica verso ovest e determinando due aree di frizione in Turchia lungo cui possono verificarsi terremoti estremamente distruttivi.

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Immagine | Twitter Stephen Hicks

Le due faglie

La prima, lunga circa 1500 chilometri, corre nel nord del Paese, quasi attraversandolo lungo il profilo della costa meridionale del Mar Nero. E’ questa la zona che generalmente desta le maggiori preoccupazioni per via del fatto che potrebbe causare un sisma nell’area densamente abitata di Istanbul. A questa faglia inoltre è legato il terremoto che fece più vittime nella storia recente turca, quello di Izmit, nel 1999, quando morirono oltre 17mila persone.

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Aleppo | Pixabay @ Dianne Ket

Gli eventi sismici nel passato

Il terremoto di lunedì scorso sarebbe legato invece alla seconda faglia, detta anatolica orientale, che corre appunto nell’area est del Paese lungo un asse di circa 500 chilometri. Si tratta di un’area in cui, nell’ultimo secolo, non si sono registrati eventi sismici maggiori ma che in un passato più lontano ha provocato terremoti devastanti. Quello attuale è quindi l’evento più importante nella zona da quando i fenomeni sismici vengono monitorati attraverso strumentazioni moderne. Tuttavia, il 13 agosto 1822 un terremoto devastante colpì la stessa zona in cui si è verificato il sisma attuale, corrispondente alla parte settentrionale dell’Impero Ottomano. Si stima che la magnitudo all’epoca fu di circa 7 punti, provocando solo ad Aleppo, la Capitale della Siria, oltre 7mila morti e 20mila vittime in totale Le scosse di assestamento, in quel caso, proseguirono per quasi un anno.

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