Guerra in Ucraina, fuga delle multinazionali dalla Russia: quali sono?

Multinazionali che scappano dalla Russia: non solo per l’inaccettabile guerra all’Ucraina, ma anche per i gravi risvolti economici e produttivi. Così è fuga da Mosca per tantissime grandi aziende. L’ultima, in ordine di tempo è stata Ikea. Il colosso svedese del mobile ha annunciato la sospensione delle sue attività in Russia e in Bielorussia. Una scelta che colpisce 15mila dipendenti, 17 magazzini e tre siti produttivi. “La guerra ha un enorme impatto umano e si traduce in gravi problemi della catena di produzione e distribuzione. Ragione per cui le società del gruppo hanno deciso di sospendere temporaneamente le attività di Ikea in Russia e Bielorussia, si legge in una nota. Anche la Lego ha interrotto i rapporti con Mosca. L’azienda danese famosa in tutto il mondo per i suoi mattoncini ha sospeso le consegne ai suoi 81 negozi in Russia.

Non è da meno anche il settore dell’intrattenimento. A causa della guerra in Ucraina Netflix ha sospeso tutti i progetti futuri e le acquisizioni in Russia. La piattaforma streaming aveva quattro originali russi in produzione, tra cui una serie thriller ambientata negli anni Novanta e diretta da Dasha Zhuk. Le riprese sono state bloccate in seguito all’attacco. Negli ultimi giorni, a partire dalla Disney, le major di Hollywood hanno fermato la distribuzione dei loro film nelle sale cinematografiche russe per protestare contro l’invasione dell’Ucraina.

Guerra in Ucraina: Apple, Nike e gran parte del settore auto e non solo: le altre multinazionali in fuga dalla Russia

Tra le multinazionali contro la guerra in Ucraina troviamo anche Apple, che sospende la vendita di tutti i suoi prodotti in Russia. L’azienda di Cupertino ha spiegato di essere “profondamente preoccupata” dell’invasione russa, e ha espresso solidarietà nei confronti delle vittime ucraine. Oltre a sospendere le proprie vendite in Russia, Apple ha disabilitato il funzionamento di servizi come Apple Maps e di Apple Pay (che aveva già smesso di funzionare con le carte di credito russe a seguito delle sanzioni economiche). E ha rimosso le applicazioni di RT News e di Sputnik News (siti d’informazione russa legati al governo) dagli App Store nei paesi fuori dalla Russia.

Anche il settore della moda interrompe i rapporti con la Russia. L’ultimo in ordine di tempo è il gruppo H&M che ha annunciato una sospensione “temporanea” delle vendite nel Paese (sesto mercato per importanza). La Nike aveva preso la stessa decisione qualche giorno fa, motivando lo stop con le difficoltà logistiche che le impediscono di consegnare le merci. Adidas, invece, sponsor tecnico della Nazionale russa, ha invece sospeso la sua partnership con la Federcalcio russa.

Un'automobile della Mercedes
Foto Pixabay | badcaptain

Dal comparto dell’abbigliamento al settore automobilistico: Volkswagen chiude la produzione in Russia. La notizia è stata comunicata in una nota. Il secondo costruttore di auto al mondo fermerà la produzione delle fabbriche Kaluga e Nizhny Novgorod “fino a nuova comunicazione”, ha reso noto Volkswagen. L’azienda di Wolfsburg è solo l’ultima in ordine di tempo ad aver preso questa decisone: segue, infatti, le orme delle tedesche Mercedes e Bmw e dell’americana Ford.

Sulla stessa linea anche le principali case automobilistiche giapponesi. Le criticità legate all’approvvigionamento delle forniture sono al centro della decisione di Toyota di sospendere la produzione nello stabilimento di San Pietroburgo, avviato nel 2007 e dove annualmente vengono assemblati circa 100 mila veicoli. Con una forza lavoro di 2mila persone.

Nella stessa direzione la decisione della Honda, che ha deciso di fermare l’invio delle proprie auto in Russia per le difficoltà nel sistema dei pagamenti. Questa decisione è stata assunta dal momento che, a differenza di Toyota, le vetture vengono trasferite dagli Stati Uniti. Analoga decisione per la Mazda, che nel 2021 ha venduto in Russia circa 30mila auto: la compagnia ha comunicato che le forniture di parti di ricambio ad una società locale di Vladivostok (est) termineranno quanto prima.

Dalle quattro alle due ruote: la casa motociclistica Harley-Davidson che, in un comunicato, ha fatto sapere che sospenderà le esportazioni in Russia. Stop ai voli per Boeing e stop anche alle spedizioni da e per la Russia per il colosso del cargo Msc Mediterranean Shipping Company ha deciso di sospendere temporaneamente le prenotazioni per i carichi verso la Russia. L’azienda continuerà comunque ad accettare ordini per consegne di beni essenziali come cibo, attrezzature mediche e beni umanitari. Il gruppo è specializzato, tra le altre cose, nel trasporto di container sul Mar Baltico, il Mar Nero e l’estremo oriente della Russia. Anche la compagnia di trasporti Dhl ha sospeso i servizi di consegna in Russia e Bielorussia.

Un'industria per l'estrazione del petrolio
Foto Pixabay | Emphyrio

Tuttavia il primo colosso ad abbandonare Mosca in ordine di tempo e a fungere da apripista per tutti gli altri, è stato però British Petroleum. L’annuncio shock è arrivato domenica con una nota, in cui riferiva che si libererà della sua partecipazione del 20% in Rosneft, la compagnia petrolifera di stato russa, a causa dell’aggressione all’Ucraina.

Dopo 24 ore è stata la volta di un altro gigante dell’oil: Shell. La multinazionale britannica ha comunicato la fine della partnership con Gazprom, gigante del gas russo controllata dallo stato. Dagli Usa anche Exxon Mobil ha annunciato che uscirà dalle operazioni petrolifere e del gas della Russia che ha valutato per più di 4 miliardi di dollari. Stesso discorso per la norvegese Equinor, che ha annunciato che inizierà a ritirarsi dalle sue joint venture in Russia.

Anche Eni si sfila da una partnership con Mosca. “Per quanto riguarda la partecipazione congiunta e paritaria con Gazprom nel gasdotto Blue Stream (che collega la Russia alla Turchia), Eni intende procedere alla cessione della propria quota”, ha fatto sapere un portavoce del gruppo, precisando anche che “l’attuale presenza di Eni in Russia è marginale. Le joint venture in essere con Rosneft, legate a licenze esplorative nell’area artica, sono già congelate da anni, anche per le sanzioni internazionali imposte a partire dal 2014”.

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