Zaki: “Difendere i diritti umani in Egitto? Non è facile”

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Nel corso di una diretta streaming con Amnesty International Italia, Patrick Zaki ha raccontato i suoi 22 mesi di detenzione in Egitto. “Non è facile riassumere in poche parole quello che ho provato. Dopotutto è stato un periodo abbastanza lungo, quasi due anni”, ha dichiarato. Ha aggiunto che “essere un difensore dei diritti umani in Egitto non è facile, è una situazione terribile per tutti coloro che lottano per i diritti umani”.

Quando sono tornato in Egitto da Bologna non potevo prevedere cosa sarebbe successo, ma non appena sono stato fermato in aeroporto ho capito cosa stava per succedere. Anche se non pensavo di sarebbe protratto così a lungo, per due anni”. Di fronte a una simile testimonianza, viene spontaneo chiedersi come Zaki abbia trovato la forza di resistere. A questa domanda, lui ha risposto di credere fermamente in quello che fa e di essere consapevole di pagare il prezzo delle sue scelte.

Zaki: “Mi sembrava di vivere un incubo”

Zaki ha raccontato che durante la prima notte in prigione faticava a rendersi conto di star vivendo sul serio un’esperienza simile. “Mi sembrava un incubo”. In generale è stata un’esperienza difficilissima e difficile da raccontare. Ora però Zaki si sente ottimista. “Voglio tornare in Italia il prima possibile. Ho ricominciato a lavorare e studiare, sto guardando avanti con ottimismo”.

Zaki ha parlato anche della pressione internazionale, che, a suo giudizio, è spesso sottovalutata. “La pressione internazionale può far rumore, può cambiare le cose e portare persino al rilascio” di un detenuto. “Ho saputo fin dall’inizio che c’era stata una mobilitazione per me, perché la mia famiglia un po’ di soppiatto me l’ha fatto arrivare. Ha avuto un effetto molto prezioso per me. Non è assolutamente da sminuire l’effetto che può avere anche solo la notizia del sostegno dall’estero. Sono riuscito a non farmi scalfire dentro da quello che mi stava succedendo solo grazie al sostegno, che c’è stato sempre. Non m’è mai mancato. Nel momento in cui mi sentivo più giù è lì che mi rifugiavo, nel fatto che c’erano tante persone lì per me, mi dicevo di resistere anche per loro perché mi stavano aspettando”, ha concluso Zaki.

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