Barcellona, annus horribilis in campo e fuori: le ragioni di una crisi senza fine

Dal Paradiso all’Inferno, quando si tratta di sport e di calcio in particolare, il passo è sempre abbastanza breve. Basta un acquisto che rende al di sotto delle aspettative, l’infortunio di un giocatore chiave al momento sbagliato, una scelta tattica che non porta i frutti sperati a fare la differenza tra il sorriso di chi vince e la tristezza (spesso anche la rabbia) di chi perde. Ci sono poi casi, più unici che rari, in cui tutti i fattori sopra elencati, cui se ne aggiungono altri ulteriormente negativi, si uniscono. E allora, dalle sabbie mobili, diventa difficilissimo uscire.

È decisamente il caso del Barcellona, costretto ormai da due anni a vivere infinite difficoltà fra insuccessi sportivi e spade di Damocle che mettono i brividi a livello di bilancio. E la notizia dello stop del Kun Aguero, fermato da un problema al cuore (si pensa addirittura a un possibile ritiro dall’attività), è solo l’ultima di una lista di sventure. Che sembrano non voler lasciare in pace il mondo blaugrana.

Dal record di entrate economiche al debito di 1,4 milioni di dollari

Eppure non è passato molto dempo da quando il Barcellona si presentava come uno dei club più rispettati d’Europa. Secondo i dati raccolti dal Financial Times, a fine 2019 il club catalano aveva superato il miliardo di dollari di entrate annuali (prima società sportiva a riuscirci in tutto il mondo).

In rosa aveva campioni straordinari come Leo Messi e Luis Suarez. Aveva fatto investimenti importanti per calciatori come Antoine Griezmann e Ousmane Dembelé. Poteva contare nello spogliatoio sul carisma di icone del calibro di Gerard Piqué. Nonostante una flessione a livello europeo (l’ultima Champions League vinta è quella del 2015 ai danni della Juventus), nel 2019 il Barça è campione di Spagna in carica, titolo strappato agli eterni rivali del Real Madrid. Ma poi, cosa è successo?

Già a inizio 2020 si nota come qualcosa stia scricchiolando. Griezmann manifesta malumori all’interno dello spogliatoio. Suarez si infortuna spesso ed è in costante disaccordo con lo staff tecnico. Dembelé mostra notevoli difficoltà dal punto di vista della costanza e del carattere e agli allenamenti preferisce, come ormai accade dal suo arrivo nel 2018, starsene in casa fino a notte inoltrata davanti ai videogiochi. E poi c’è il capitolo Leo Messi: la Pulce inizia proprio nel 2020 a storcere il naso sulla proposta di rinnovo di contratto, facendo sognare i tifosi delle big d’Europa, tra cui l’Inter.

Sul fronte societario non va affatto meglio: la pandemia di Covid-19, infatti, costringe il Barcellona a perdite economiche imponenti. Il miliardo di entrate del 2019 ora sfigura al confronto di un debito complessivo di circa 1,4 miliardi di euro.

Barcellona, caos infinito nell’anno della pandemia

Oltre a tutto ciò, il 27 ottobre del 2020 l’allora presidente Josep Maria Bartomeu rassegna le sue dimissioni. Solo pochi mesi dopo appare nel registro degli indagati della polizia catalana per il cosiddetto Barçagate, una presunta campagna di diffamazione contro alcuni membri della squadra, tra i quali proprio Messi e Piqué. Bartomeu finisce addirittura in manette assieme ad altri tre ex dirigenti del club.

C’è comunque un lato sportivo da salvare, ma da quel punto di vista la squadra risente non poco della crisi societaria. In panchina c’è un personaggio scelto anche per la sua esperienza da calciatore proprio a Barcellona, Ronald Koeman. ‘Rambo’, però, dimostra di non riuscire a mettere ordine nel caos. Litiga subito con Suarez (che, dopo il vano inseguimento della Juventus e il caso dell’esame-farsa a Perugia, farà la fortuna dell’Atletico Madrid, poi laureatosi campione di Spagna). Dimostra di non capire il ruolo di Griezmann. Si affida troppo spesso a un Messi che, pur essendo tra i più grandi calciatori della storia, è pur sempre un classe 1987 e non può giocare ogni partita a mille.

Mercato bluff, Messi saluta, Koeman naufraga: Xavi per risalire (?)

E il mercato? Poco o nulla, con il grande bluff legato a Lautaro Martinez e una campagna acquisti che risente di un’interminabile crisi economica. Anzi, nell’estate 2021, nonostante il ritorno nel ruolo di presidente di Joan Laporta dopo le elezioni societarie, arriva il colpo di grazia: Leo Messi, dopo un interminabile tira e molla, decide di non rinnovare il contratto a fronte di un’offerta ritenuta non congrua e vola in direzione Paris Saint-Germain. Dove fa compagnia a un altro ex-Barça, quel Neymar venduto nel 2017 per 222 milioni di euro.

 

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Il Barça si ritrova orfano della luce capace di illuminare anche le notti sportive più buie, ed entra in un circolo vizioso di risultati da dimenticare. Tra questi, i pesanti 0-3 subiti in Champions dal Bayern Monaco prima e dal Benfica (!) poi, i ko in campionato nello scontro diretto contro l’Atletico (0-2, a segno anche Suarez) e nel ‘Clàsico’ contro il Real Madrid (1-2), prima dello 0-1 in casa del Rayo Vallecano valso l’esonero di Koeman e l’arrivo di Sergi, traghettatore fino all’annuncio ufficiale, nei giorni scorsi, di Xavi.

L’ex centrocampista, protagonista da calciatore di 8 vittorie nella Liga, 3 in Coppa del Re, 4 in Champions League e 2 ai Mondiali per club, oltre che vincitore di svariati altri trofei nazionali e internazionali, sarà alle prese con una sfida che definire difficile è davvero poco: far rinascere dalle ceneri un club che è l’ombra di se stesso, confidando che i risultati sportivi, qualora dovessero arrivare, possano fare da traino alla risoluzione di una crisi di identità di una società e di un popolo stesso, quello che “sanguina” blaugrana.

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