Il veleno di ragni e serpenti contiene dei batteri | Le implicazioni della scoperta

La capacità dei batteri di sopravvivere negli ambienti estremi è ben nota alla comunità scientifica. Nel corso degli ultimi decenni vari ricercatori hanno dimostrato che alcuni di questi microorganismi si sono adattati alla vita negli ambienti più caldi (dove la temperatura supera gli 80°C), in quelli più freddi e nelle aree in cui il pH è particolarmente basso o alto. Sembrava però impossibile che potessero sopravvivere all’interno del veleno prodotto dai ragni e dai serpenti. Quest’ultimo, infatti, contiene delle sostanze antimicrobiche che dovrebbero rendere impossibile la proliferazione dei batteri. Il condizionale è d’obbligo, perché un recente studio ha dimostrato che ciò non è sempre vero.

Cosa implica la presenza dei batteri nel veleno?

La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Microbiology Spectrum, è stata guidata da Sterghios Moschos, professore associato di biologia molecolare e cellulare, e da Steve Trim, esperto di veleni e fondatore della compagnia biotecnologica Venomtech. I ricercatori hanno dimostrato che i batteri sono in grado di sopravvivere nelle ghiandole velenifere di alcune specie di ragni e serpenti e possono anche mutare per resistere al veleno. Questa scoperta rende i morsi degli animali velenosi ancora più temibili. Oltre all’avvelenamento, infatti, potrebbe essere necessario curare anche un’infezione causata dai batteri.

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Nel corso dello studio, Moschos e Trim hanno preso in esame il veleno di cinque specie di serpenti e di due specie di ragni. “Abbiamo scoperto che tutti i ragni e serpenti velenosi che abbiamo testato avevano del DNA batterico nel loro veleno”, spiega il dottor Moschos. “I normali strumenti diagnostici si sono rivelati incapaci di identificare questi batteri in modo corretto. In caso di infezione, un medico finirebbe per fornire gli antibiotici sbagliati, peggiorando le cose”, aggiunge. “Quando abbiamo sequenziato il DNA siamo riusciti a identificare i batteri in modo chiaro e abbiamo scoperto che erano mutati per resistere al veleno. Si tratta di un fenomeno straordinario, perché il veleno è come un cocktail di antibiotici e pensavamo che per questi microrganismi fosse impossibile resistere al suo interno”.

Moschos spiega che durante la ricerca lui e i suoi collaboratori hanno condotto dei test sulla resistenza di Enterococcus faecalis, uno dei batteri individuati nel veleno del cobra dal collo nero. È emerso che la versione “classica” del batterio, isolata negli ospedali, non ha alcuna capacità di resistere al veleno. Ciò non è vero per quella trovata all’interno del serpente, che ha dimostrato di poter sopravvivere anche ad alte concentrazioni di veleno.

Studiando i meccanismi che aiutano i batteri a sopravvivere nel veleno, potremmo trovare nuovi modi per combattere i microrganismi resistenti agli antibiotici”, ha concluso Trim.

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