“Fumare cannabis stimola la creatività”, ma è davvero così?

L’Università di Washington ha eseguito uno studio con l’obiettivo di esplorare gli argomenti a favore o contrari a uno dei miti globali più diffusi: il consumo di cannabis stimola la creatività? I risultati ottenuti dalla ricerca sono stati intriganti. Vediamoli insieme.

La cannabis rende davvero più creativi? La risposta a questa domanda arriva da una ricerca statunitense

L’idea che il consumo di marijuana potenzi la creatività è comune, forse alimentata dal coinvolgimento di molti artisti nel suo utilizzo. Charles Baudelaire, ad esempio, affermava che parole e idee assumevano una nuova fisionomia dopo aver consumato hashish. Tuttavia, nonostante figure come John Lennon, Bob Marley e persino scienziati come Carl Sagan abbiano fatto uso di cannabis, il mito che essa incrementi la creatività sembra mancare di solide basi. Questa convinzione è stata messa in discussione da uno studio recente pubblicato sul Journal of Applied Psychology.

Nonostante gli stessi ricercatori ritengano che la comprensione di questo argomento non sia completa e siano necessarie ulteriori indagini, le evidenze attuali suggeriscono che il consumo di marijuana abbia un impatto limitato sulla creatività, valido solamente per alcune persone. Esploriamo cosa la scienza ci rivela su questo aspetto.

Ragazzo che fuma cannabis
Immagine | Pixabay @24K-Production – Newsby.it

Lo studio pubblicato sul Journal of Applied Psychology, condotto da Christopher Barnes, uno psicologo dell’Università di Washington, si è proposto di indagare se il consumo di marijuana influisca sulla creatività. Per questa analisi, sono stati coinvolti 430 volontari occasionali consumatori di cannabis.

Ogni partecipante ha completato un test di creatività tra i 15 minuti e le 12 ore successivi al consumo. Al fine di ottimizzare il processo, è stato condotto uno studio parallelo coinvolgendo 191 volontari, suddivisi in due gruppi. Il primo gruppo ha eseguito il test 15 minuti dopo il consumo, mentre al secondo è stato richiesto di farlo 12 ore dopo l’assunzione della sostanza.

Oltre alle valutazioni di creatività, ai partecipanti è stato richiesto di partecipare a sessioni di “brainstorming” in momenti diversi. Al termine, una giuria ha esaminato le prove e le idee emerse. Nessun giurato era a conoscenza dell’identità specifica dei volontari, al fine di evitare pregiudizi.

I risultati hanno dimostrato che non vi era alcuna differenza tra i partecipanti che hanno affrontato il test sotto l’influenza della cannabis e quelli che erano sobri al momento dell’esame. Di conseguenza, si è giunti alla conclusione che fumare marijuana non ha un impatto sulla creatività.

Tuttavia, i ricercatori hanno notato che le persone influenzate dalla sostanza tendono a sovrastimare le proprie idee e quelle degli altri partecipanti. In altre parole, avvertivano una maggiore creatività, anche se non era effettivamente presente.

Questo fornisce anche indizi per comprendere il motivo per cui molte persone si dedicano ad attività creative e collegano le proprie abilità all’uso di marijuana.

Gli studiosi ritengono che lo stato d’animo positivo promosso dalla cannabis nella maggior parte delle persone sia un punto di partenza cruciale per essere creativi. In questo contesto, non è il consumo in sé a stimolare la creatività, ma piuttosto la predisposizione attiva a creare.

Le conclusioni di Christopher Barnes si allineano con altre ricerche che hanno esaminato la relazione tra marijuana e creatività, sebbene con alcune sfumature diverse.

Uno studio del 2012 ha evidenziato che l’uso di cannabis leggermente stimola il pensiero divergente, caratteristico della creatività. Tuttavia, questo effetto è emerso principalmente nelle persone che solitamente trovavano difficoltà nell’essere innovative, e non è stato particolarmente significativo.

Altri esperimenti hanno esaminato gli effetti della cannabis su tre gruppi distinti: uno ha ricevuto THC (il principio attivo della marijuana), un altro una quantità minore e un terzo un placebo. I partecipanti non erano a conoscenza, naturalmente, del gruppo a cui appartenevano.

Successivamente, sono stati condotti diversi test per valutare la creatività. I risultati hanno dimostrato che coloro che consumavano basse quantità di THC o placebo manifestavano maggior creatività rispetto a coloro che ricevevano dosi elevate di THC. In quest’ultimo caso, si è verificata una notevole diminuzione della capacità creativa. Pertanto, fino a questo momento, non emergono prove a favore dell’ipotesi che fumare marijuana aumenti la creatività.

Ma quali sono i veri effetti della cannabis sul cervello umano? In pochi minuti dall’assunzione di marijuana, si verifica un aumento della frequenza cardiaca, la dilatazione dei vasi sanguigni, la comparsa di occhi rossi e un incremento della pressione sanguigna. In sintesi, è evidente che la marijuana induce modifiche nel nostro organismo.

Tuttavia, le alterazioni causate da questa sostanza non si manifestano solo a livello fisico, ma coinvolgono anche la sfera mentale. Gli effetti della marijuana sul cervello sono ben noti, anche se oggi poche persone ignorano cosa sia esattamente questa sostanza. È opportuno, dunque, fare una breve pausa e riconsiderare la sua natura.

La canapa o marijuana è una miscela di fiori e foglie secchi della pianta di canapa, presentando una varietà di oltre duecento termini per descriverla, tra cui maria, erba, ecc. Il termine “marijuana” è stato coniato dai messicani per indicare la canapa indiana, una sottospecie della famiglia delle moraceae, con un aspetto simile a un’ortica sottile, che può raggiungere circa un metro e ottanta centimetri di altezza e prosperare in climi caldi. Le sue molteplici proprietà hanno reso la cannabis una pianta versatile, utilizzata a fini ricreativi (come droga), medici e industriali (come materia prima).

Originaria dell’America centrale e meridionale, la cannabis ha una lunga storia legata ai rituali religiosi, con il popolo assiro che la utilizzava durante le cerimonie e la chiamava “qunubu”. Il suo principale principio attivo è il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo), che è il principale composto psicoattivo della cannabis, uno degli oltre 80 cannabinoidi presenti in questa pianta.

Quando la marijuana viene assunta, che sia fumata, in modo passivo o ingerita, i cannabinoidi interagiscono con vari recettori nel cervello e nel corpo, facenti parte del sistema degli endocannabinoidi. Questa interazione genera una serie di sintomi che caratterizzano l’esperienza del consumo di cannabis.

La cannabis è stata utilizzata fin dall’antichità a causa dei suoi effetti fisici e psichici. Gli impatti della marijuana sul cervello comportano un generale cambiamento nella percezione, causando euforia e un miglioramento dell’umore. L’assunzione di questa sostanza può anche stimolare l’appetito e produrre la sensazione di essere “su di giri”. Tuttavia, gli effetti collaterali immediati comprendono perdita di memoria a breve termine, bocca secca, occhi rossi, ridotta capacità motoria e ansia.

A lungo termine, l’uso di marijuana può influire sulla capacità mentale e portare a una possibile dipendenza. Quando fumata, gli effetti immediati della marijuana durano da due a otto ore e si manifestano pochi minuti dopo l’assunzione. Se ingerita, gli effetti richiedono tra i 30 minuti e un’ora per manifestarsi.

Nonostante affermazioni che la marijuana sia una droga innocua, gli effetti negativi della cannabis possono essere numerosi e significativi. Tra questi, raramente menzionato, si trova la sindrome dell’amotivazione, che include manifestazioni che potrebbero far considerare i consumatori di marijuana come veri e propri “malati sociali”.

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