Buco dell’ozono sull’Artico: per i ricercatori si chiuderà a metà aprile

È attesa per la metà di aprile la chiusura del buco dell’ozono che si è aperto sull’Artico lo scorso marzo. A indicarlo sono le previsioni del ricercatore dell’agenzia spaziale tedesca Dlr, Diego Loyola, basate sui dati forniti dai satelliti che tengono sotto controllo le condizioni della Terra. In particolare su Sentinel-5P che, da quando è stato lanciato a ottobre 2017 nell’ambito del programma di monitoraggio ambientale dell’Ue Copernicus Atmosphere Monitoring Service (Cams), fornisce regolari aggiornamenti sui livelli quotidiani di ozono sull’Artico.

La chiusura del buco dell’ozono

Analizzando le immagini inviate da Sentinel-5P, basate sullo strumento Tropomi, gli esperti della Dlr hanno controllato la progressione sull’Artico dal 9 marzo all’1 aprile 2020 del buco dell’ozono e ne hanno realizzato un’animazione che ne mostra l’estensione, ormai pari a tre volte quella della Groenlandia. Loyola spiega che in passato erano già stati osservati dei mini buchi dell’ozono sopra il Polo Nord. “Tuttavia l’impoverimento sopra l’Artico quest’anno è molto più grande rispetto agli anni precedenti”, puntualizza l’esperto. Se paragonato al buco dell’ozono sull’Antartide, che può estendersi fino a 20-25 milioni di chilometri per una durata di 3 o 4 mesi, quello sull’Artico non sembra poi così grande: la sua estensione massima, infatti, è inferiore a un milione di chilometri quadrati. Secondo le stime degli esperti si chiuderà verso la metà di aprile.

L’efficacia del Protocollo di Montreal

Da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Nature, condotto dai ricercatori dell’Università del Colorado a Boulder, è emerso che l’assottigliamento dell’ozonosfera, lo strato dell’atmosfera che assorbe le radiazioni a bassa lunghezza d’onda nocive per la vita sulla Terra, si è fermato. Il merito è soprattutto del Protocollo di Montreal, che ogni anno stabilisce i termini entro cui le Nazioni coinvolte si impegnano a contenere i livelli di produzione e consumo delle sostanze chimiche dannose per la fascia d’ozono. Come spiegano gli autori dello studio, il trattato non solo ha stimolato la guarigione dell’ozonosfera, ma ha anche guidato i recenti cambiamenti nei modelli di circolazione dell’aria nell’emisfero meridionale.

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