Vaccino, AstraZeneca ammette: “Più efficace per un errore di dosaggio”

AstraZeneca e l’Università di Oxford hanno ammesso che errori di produzione potrebbero aver viziato i risultati preliminari della sperimentazione del loro potenziale vaccino contro la Covid-19. Il vicepresidente esecutivo della ricerca e sviluppo di prodotti biofarmaceutici di AstraZeneca, Mene Pangalos, la chiama “serendipity”: una fortunata casualità. Si riferisce a un errore di dosaggio che avrebbe permesso al vaccino Oxford-Irbm di raggiungere l’efficacia al 90% documentata dagli ultimi dati resi noti.

Il motivo per cui AstraZeneca si è sbagliata

L’aneddoto è rimbalzato sulla stampa internazionale e svela il retroscena di come si è arrivati a scoprire la dose ottimale per uno dei candidati prodotti scudo contro il Coronavirus. Secondo quanto comunicato dai ricercatori che si stanno occupando di studiare il vaccino in questione, il regime a due dosi complete ha mostrato un’efficacia del 62% su una platea di 8.900 persone. Ma nei partecipanti al trial più ristretto (2.900 persone) ai quali è stata data “per sbaglio” prima una dose dimezzata e poi una intera come seconda somministrazione, questa efficacia ha raggiunto quota 90%.

Fino a quando i ricercatori dell’ateneo impegnati nel trial distribuivano il vaccino alla fine di aprile non hanno notato in alcuni volontari effetti collaterali attesi come affaticamento, mal di testa o dolori alle braccia più lievi del previsto, ricostruisce il Guardian. “Così siamo tornati indietro e abbiamo controllato. Abbiamo scoperto che era stata sottostimata la dose del vaccino della metà, ha raccontato Pangalos. Invece di rifare tutto dal principio, i ricercatori hanno deciso di continuare con la mezza dose e poi dare il richiamo alla dose completa secondo la scadenza programmata.

Nonostante tutto questo, questo problema non rischia di fermare il processo di ricerca e la conseguente consegna degli studi alle agenzie del farmaco competenti che ne daranno il via libera alla somministrazione a livello globale. Il rischio, però, riguarda la credibilità di fronte all’opinione pubblica, già ampiamente confusa e vittima dell’infodemia, ovvero del bombardamento quotidiano di slogan ‘ottimistici’ da parte di alcuni esperti scientifici.

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