Strage di Piazza Fontana, cosa è successo il 12 dicembre 1969

La strage di Piazza Fontana a Milano è cristallizzata in uno scatto. L’immagine dall’alto del grande salone circolare della Banca nazionale dell’agricoltura subito dopo l’esplosione della bomba. Sono le 16:37 del 12 dicembre 1969. Sette chili di tritolo, nascosti sotto una delle scrivanie al centro della sala, uccidono 17 persone e ne feriscono altre 88.

Dopo il lutto si apre la lunga stagione dei processi, sette, e dei depistaggi. Sulla vicenda giudiziaria la parola fine viene messa solo nel 2005 dalla Cassazione, che certifica la matrice neofascista della strage senza tuttavia poter emettere alcuna sentenza di condanna. Nel mezzo una lunga scia di sangue che va da Piazza della Loggia a Brescia nel 1974 e arriva fino alla stazione di Bologna del 1980.

L’autunno caldo e la strategia della tensione

L’“autunno caldo” è lo sfondo in cui deflagra l’ordigno. Una stagione di grande conflittualità sociale e di lotte sindacali operaie. Quell’anno altri attentati scuotono il capoluogo lombardo. Il 25 aprile esplodono altre bombe alla Fiera di Milano e alla Stazione Centrale, senza fare vittime. L’attentato di piazza Fontana è però quello che segna il salto di qualità dell’eversione neofascista. È l’inizio della cosiddetta “strategia della tensione”, un piano mirato a destabilizzare la vita democratica e a preparare il terreno per una svolta autoritaria nel Paese.

L’attentato di piazza Fontana non è l’unico di quel 12 dicembre. Un ordigno in piazza della Scala a Milano resta miracolosamente inesploso. A Roma altre tre bombe – incluse due all’Altare della  Pace – provocano 16 feriti. A realizzare materialmente le azioni è Ordine Nuovo, organizzazione neofascista dai legami oscuri con pezzi dei servizi segreti. Responsabilità che si scopriranno solo molti anni dopo.

La falsa pista anarchica e la morte di Giuseppe Pinelli

All’inizio infatti le indagini si concentrano sulla pista anarchica. La colpa ricade in particolare su Pietro Valpreda, assolto solo nel 1985 dopo un lungo calvario giudiziario, e Giuseppe Pinelli, che a tre giorni dall’attentato precipita in circostanze mai pienamente chiarite dal quarto piano della questura di Milano, dopo essere stato interrogato dal commissario Luigi Calabresi.

Targa a Milano in memoria dell'anarchico Giuseppe Pinelli
Targa in memoria dell’anarchico Giuseppe Pinelli a Milano | Foto ANSA / MATTEO BAZZI – Newsby.it

I processi e le responsabilità

Nel marzo del 1972 dal Veneto arrivano alla procura di Milano gli atti sul secondo “filone” d’inchiesta relativi a una pista alternativa, “nera”, di matrice neofascista. Viene contestato il reato di strage ai leader della cellula veneta di Ordine Nuovo Franco Freda e a Giovanni Ventura.

Tutti i processi che si sono celebrati (tre le inchieste) non hanno mai portato all’accertamento della responsabilità personale di esecutori, mandanti e depistatori. Una vicenda giudiziaria che si è conclusa solo 36 anni dopo con una sentenza di assoluzione della Cassazione. Il 3 maggio del 2005 la suprema Corte mette la parola fine. Tutti gli imputati vengono assolti definitivamente anche se i giudici, nelle motivazioni, confermano che gli attentati sono riconducibili a Ordine nuovo. Di più: la Corte ritiene che debba darsi una risposta “positiva” al giudizio di responsabilità di Freda e Ventura per “la strage di Piazza Fontana e gli altri attentati commessi quel giorno”. I due neo fascisti non sono però giudicabili in quanto già processati e assolti in via definitiva per gli stessi fatti nel 1987. “Ne bis in idem”.

Milano ricorda divisa

Dopo la “sentenza tombale” del 2005, è nata l’associazione dei familiari delle vittime di piazza Fontana. Da allora ogni anno, il 12 dicembre, si ritrovano per coltivare la memoria. E lo fanno attraverso un lungo corteo silenzioso che parte da piazza della Scala per arrivare fino arrivare a piazza Fontana.

Anche oggi, nel giorno del 54esimo anniversario, Milano ha ricordato i 17 morti della strage. Alle 16.37 sono state deposte le corone di fiori di fronte all’ingresso della Banca nazionale dell’agricoltura. “La matrice fascista è una verità storica inoppugnabile. Milano non rinuncerà mai a cercare la verità” e “a chiedere giustizia, non ci arrendiamo”, ha detto il sindaco di Milano Giuseppe Sala, concludendo il proprio intervento con “Viva l’Italia antifascista!”. Il primo cittadino ha quindi auspicato da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni “una dichiarazione di presa di distanza” dal fascismo.

Federico Sinicato, presidente dell’Associazione familiari vittime di piazza Fontana, invece ha sottolineato le assenze: “Per sanare questa ferita intanto si può essere qua il 12 dicembre e fare memoria perché nessuno se ne dimentichi e perché l’Italia non sperimenti più una cosa simile”. L’Anp, l’Associazione nazionale partigiani, ha ricordato anche Pinelli, considerato la 18esima vittima della strage. “È stato un partigiano, anarchico, ferroviere” che “fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di una improvvisa assurda e tragica fine“, ha detto il presidente milanese Roberto Cenati.

A dare la misura di quando la memoria resti divisa l’“altra” commemorazione che ogni anno si celebra separatamente, il corteo dei collettivi antifascisti e degli anarchici del Circolo Ponte della Ghisolfa.

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