La Polonia volta pagina, chi è Donald Tusk, il nuovo primo ministro

La Polonia volta pagina. Si chiude ufficialmente la lunga stagione politica all’insegna del nazionalismo. Mateusz Morawiecki, premier uscente e leader del partito conservatore Pis (Diritto e Giustizia), non ha ottenuto i numeri in Parlamento per formare un nuovo governo. A guidare la nuova fase sarà il leader della coalizione centrista pro-Ue Donald Tusk, che si riprende la scena a Varsavia dopo aver guidato l’esecutivo tra il 2007 e il 2014.

Emblematiche le prime parole pronunciate in Parlamento dal primo ministro designato presentando il programma politico. “Siamo tanto più forti, tanto più sovrani quando non solo la Polonia è più forte, ma anche l’Unione europea lo è”, ha detto questa mattina. Già domani è in calendario l’insediamento, in tempo per volare giovedì a Bruxelles per il Consiglio europeo.

La sfida di Tusk: riportare la Polonia nell’Unione europea

Ripristinare un rapporto virtuoso con le istituzioni europee sarà una delle sfide principali del nuovo premier, che è stato presidente del Consiglio Ue tra il 2014 e il 2019. Gli ultimi otto anni della Polonia a guida dei populisti del Pis hanno visto scontri aspri con Bruxelles su questioni come i diritti Lgbt e le controverse riforme della giustizia, che hanno portato al congelamento di miliardi di euro di fondi comunitari. “Stiamo lavorando su un pacchetto di modifiche per ripristinare lo Stato di diritto”, è stata la promessa di Tusk.

“La sua esperienza e il suo forte impegno nei confronti dei valori europei saranno preziosi per forgiare un’Europa più forte, a beneficio del popolo polacco: non vedo l’ora di lavorare con lui”, è stato non a caso il saluto su X della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.

Il nuovo primo ministro polacco Donald Tusk durante un comizio
Il nuovo primo ministro polacco Donald Tusk durante un comizio | Foto X @donaldtusk – Newsby.it

Il compito del nuovo capo del governo polacco non sarà comunque facile. Il Pis di Morawiecki, è il parere di diversi analisti, ha tessuto una “ragnatela” attorno allo Stato. A cominciare dal presidente della Repubblica Andrzej Duda (suo collega di partito al Pis), che terminerà il proprio mandato solo nel 2025. Un fatto non marginale visto che il capo dello Stato ha potere di veto sulle leggi adottate dal Parlamento.

Senza contare il fatto che negli anni la destra ha riempito buona parte delle caselle, nominando propri rappresentanti alla guida delle principali istituzioni, con mandati spesso irrevocabili, magistrati presso la procura nazionale e circa 150 nuovi giudici. Tra gli organismi più contestati dai critici, con l’accusa di essere eterodiretta dal Pis, c’è la Corte costituzionale, che proprio nel giorno dell’investitura di Tusk ha bocciato le multe inflitte dall’Ue perché “contrarie alla legge fondamentale del Paese“.

Quanto ai dossier di politica estera, per la Polonia resterà prioritaria l’Ucraina. Con il nuovo corso europeista non si prevedono cambi di posizione. Varsavia resterà in prima linea tra gli alleati Nato al fianco di Kiev contro l’invasione russa. Non a caso, il presidente Volodymyr Zelensky si è subito congratulato con il primo ministro. Allo stesso tempo, Tusk sarà chiamato a gestire il malcontento in casa degli autotrasportatori polacchi, che reclamano una stretta alla frontiera per i concorrenti ucraini. Un conflitto già visto nel caso delle esportazioni di grano ucraino.

Da Solidarnosc a Bruxelles

Il leader di Piattaforma civica Donald Tusk, nato a Danzica 66 anni fa, è un figlio del popolo: suo padre era un carpentiere, sua madre un’infermiera. Entrambi erano stati schiavi lavoratori durante l’occupazione nazista. Fa parte di una minoranza etnica: è un casciubo, membro di una comunità che ha una sua lingua, distinta dal polacco, e che discende direttamente dall’antica tribù slava dei Pomerani. Ha studiato Storia all’Università di Danzica, dove negli anni ’70 diventa un leader anticomunista. Inizia a fare politica in gioventù aderendo a Solidarnosc, il sindacato dei lavoratori polacco, diventandone uno dei giovani intellettuali più in vista. Negli anni ‘80 si avvicina al liberalismo classico e guarda a figure come la premier britannica Margaret Thatcher e il presidente americano Ronald Reagan.

Entra in Parlamento nel 1991 e nel 2007 diventa primo ministro, gestendo con profitto i fondi Ue e attuando politiche fortemente pro-business e filo europeiste. Nel 2014 l’approdo a Bruxelles, con l’elezione a presidente del Consiglio europeo al posto del belga Herman van Rompuy. Criticato all’inizio del mandato per il suo inglese incerto, prende lezioni per sanare le lacune. Dopo due mandati alla testa del Consiglio Ue e la presidenza del Pppe, il Partito popolare europeo, Tusk torna in Polonia per sfidare il Pis e riprendersi il governo di Varsavia.

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