Riforma del catasto: cosa prevede e perché fa molto discutere nel governo

La riforma del catasto 2022 sta facendo discutere non poco all’interno del governo Draghi. Ha fatto tremare più volte ma maggioranza e ancora adesso non si è trovata la quadra. Ma cosa prevede l’articolo 6 della delega fiscale. E cosa cambia rispetto all’attuale classificazione degli immobili?

L’articolo 6 della riforma del catasto

L’articolo 6 della delega fiscale, quello che contiene la riforma del catasto, è in realtà uno schema generale, che definisce le linee generali della riforma del catasto. Riforma che dovrà poi essere messa in atto da una serie di decreti legislativi. Si tratta in sintesi di una riforma in due fasi. La prima fase della riforma del catasto prevede nuovi strumenti a disposizione dei Comuni e dell’Agenzia delle Entrate. Questo servirà per far emergere i terreni e gli immobili fantasma attualmente non censiti dal catasto. Allo stesso modo verranno accatastati in maniera corretta tutti i terreni edificabili ora accatastati come agricoli e tutti gli immobili abusivi.

La seconda fase è quella che preoccupa la destra perché vede in essa un possibile aumento delle tasse immobiliari. Partirà il 1° gennaio 2026. I dati raccolti dall’Agenzia delle Entrate dovrebbero essere resi disponibili per la creazione di un nuovo sistema catastale, in integrazione a quello già esistente. Il nuovo sistema dovrebbe contenere per ogni unità immobiliare un valore patrimoniale e una rendita attualizzata che deve tenere conto dei valori del mercato.

Le parole di Draghi

La lotta intestina tra i partiti di maggioranza, con la destra schierata per l’abrogazione della riforma del catasto e la sinistra ad appoggiare il governo, ha costretto Mario Draghi ad intervenire. “Si esclude in modo esplicito che la mappatura possa produrre un aumento di tassazione, un aumento delle imposte dirette, un aumento delle imposte indirette sui trasferimenti immobiliari, un aumento dell’Imu”.

“L’introduzione dell’Ici, l’abolizione dell’Ici, l’introduzione dell’Imu, l’introduzione della Tasi, l’abolizione della Tasi, sono state fatte sempre, sempre su valori inesistenti, che non hanno senso, su valori di 33 anni fa. Applicare un coefficiente fisso su valori che non hanno senso per produrre numeri che non hanno senso, deve finire: vogliamo trasparenza”.

Cosa cambia rispetto ad oggi

Nella riforma del catasto non c’è quindi nessun accenno a un possibile innalzamento dell’Imu.Né tanto meno di un ritorno dell’Imu sulla prima casa. Il cambiamento più importante e l’obiettivo principale della riforma del catasto è quello di eliminare le attuali sperequazioni del catasto ed aggiornare il valore catastale al reale valore degli immobili. Ad oggi, infatti, circa un quarto delle case ha un valore catastale che corrisponde a meno del 26% del valore reale di mercato. Al contrario, un quarto dei proprietari paga un conto appesantito fino all’81%. Le cause sono molteplici, ma riguardano soprattutto il mancato aggiornamento dei valori catastali attributi dal 1939 al 1962 e rivisti solo nel 1990.

Sebbene molti abbiano parlato della riforma del Catasto come necessaria per il piano di attuazione del Pnrr, in realtà è non è tra “le riforma abilitanti”, si invece tra le “riforme di accompagnamento” che vengono considerate “concorrenti alla realizzazione degli obiettivi generali del Pnrr”.

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