Quel Pd (ancora) spaccato che ha sabotato l’asse tra Renzi e Zingaretti

In queste festività natalizie la politica italiana sembra avere riportato le lancette dell’orologio a un altro periodo di ferie del passato: quelle dell’agosto 2019. All’epoca il protagonista della caduta del governo Conte 1 fu Matteo Salvini e, a dire il vero, non gli portò proprio benissimo. Un anno e mezzo dopo potrebbe quindi verificarsi la stessa situazione con l’esecutivo giallorosso a opera di Matteo Renzi? I senatori vicini al leader di Italia Viva tenderebbero a escluderlo. E per diverse ragioni.

Del resto la pandemia da Coronavirus è ancora purtroppo nel pieno della sua forza. Stante anche una probabile “terza ondata” (tenendo conto che in Italia non è ancora finita la seconda), lo spauracchio della variante inglese, l’imminente avvio del piano vaccinale e il problema gigantesco del Recovery Plan da mettere a punto nelle prossime terze settimane. Con tali variabili impazzite, chi si vorrà assumere la responsabilità di fare cadere Giuseppe Conte in un momento così delicato verrebbe facilmente additato da una parte dell’opinione pubblica come “irresponsabile”, poiché autore di una scelta politica “scellerata”. Ma non ci sarebbe solo questo a frenare (per ora) Renzi da iniziative forti contro questo governo.

Renzi sarebbe finito in mezzo tra i voltafaccia del Pd e i possibili approdi in maggioranza di parlamentari dal centrodestra

In ballo ci sarebbe anche un Partito Democratico che pare senza una guida effettiva. Renzi, infatti, si sarebbe accordato con Nicola Zingaretti per creare le condizioni per un cambio: se non proprio del presidente del Consiglio, almeno di alcuni ministri. Al momento, però, un pezzo del Pd avrebbe girato totalmente le spalle al presidente della Regione Lazio. La prova più evidente è stata una recente intervista di Dario Franceschini che, escludendo categoricamente anche un semplice rimpasto (per non parlare della nascita di un Conte 3), aveva paventato in alternativa solo le elezioni anticipate. Mettendo così in luce come Zingaretti non riesca a gestire il partito di cui è segretario nazionale. A questo punto Renzi si sarebbe trovato in mezzo al guado da solo. Nonostante anche nel Movimento 5 Stelle ci fossero diverse persone che, silenziosamente, tifavano per il cambio.

Inoltre in questi giorni le sirene di quelli preoccupati che si vada al voto hanno cominciato a suonare alla grande: parlamentari che erano nel centrodestra e che sono passati al Gruppo Misto per fare (forse) da stampella al governo, nel caso della fuoriuscita della delegazione di Italia Viva dalla maggioranza. Una pattuglia, quella che viene dall’opposizione, che si starebbe dando pervicacemente da fare per sfilare a Renzi qualche senatore. Visto che è a Palazzo Madama che i voti di Iv sono tuttora decisivi per la tenuta di questo governo.

La sfida del Recovery Fund: il vero spartiacque di questo governo (e di questa legislatura)

La miccia accesa da Renzi su come gestire i fondi del Recovery Fund rimane accesa. Secondo l’ex sindaco di Firenze se questa partita venisse giocata male, il Paese affonderebbe definitivamente. Potrà davvero andare fino in fondo? In teoria sì, ma in pratica sarebbe solo controproducente. Oggi il rischio per questa maggioranza di consegnare l’Italia a Salvini e Meloni e dare loro i numeri per eleggere il prossimo presidente della Repubblica (febbraio 2022) è altissimo. Ma dall’altra parte chi vorrebbe poi ricostruire un governo autonomo da Italia Viva, accontentandosi di “ammazzare” politicamente Renzi, metterebbe lui stesso in difficoltà l’Italia. E lo farebbe solo per un “capriccio” personale e politico nei confronti del leader di Rignano sull’Arno.

Infine, la questione Mario Draghi. In molti, anche nella maggioranza, lo vedono come “salvatore della Patria”. Ma molti altri temono il ripetersi dell’esperienza Monti per mancanza di un background politico. I 5 Stelle e anche qualcuno tra il Pd non lo accetterebbero mai. Di fatto, la riflessione che si sta diffondendo all’interno del gruppo parlamentare di Italia Viva è che questa legislatura sia nata male. E la speranza è che non finisca peggio. Tra i renziani, però, la frustrazione di non vedere passi avanti resta forte. E la minaccia di ritirare le ministre Bellanova e Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto dal governo rimane sul tavolo.

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