Guerra Ucraina, polemiche sul presidente della commissione Esteri: i motivi

Vito Petrocelli è un esponente del Movimento 5 Stelle, nonché presidente della commissione Esteri del Senato. Su di lui è scoppiata una forte polemica politica. Il motivo? Petrocelli ha votato contro la risoluzione sulle forniture militari a Kiev. Il senatore pentastellato non ha cambiato idea nemmeno dopo l’intervento di questa mattina del presidente del Consiglio, Mario Draghi, in Parlamento. Non ha quindi accettato il documento porta la firma di tutti capigruppo di maggioranza; anche di quello del partito di Giorgia Meloni.

La risoluzione impegna il governo italiano a inviare armi all’Ucraina per consentire al paese “di esercitare il diritto alla legittima difesa”. È passata con 244 voti a favore e 3 astenuti. Tra gli assenti, ci sono anche 11 senatori del M5S: alcuni in congedo o in missione, come il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli, e i sottosegretari Barbara Floridia e Pierpaolo Sileri. Sette gli assenti della Lega, tra i quali Armando Siri.

La poltrona del presidente della commissione Esteri del Senato (5 Stelle) è ora a rischio

In totale disaccordo con l’invio di armi a Kiev, il senatore lucano aveva infatti disertato anche la riunione serale. Una scelta, questa, che potrebbe far saltare la sua presidenza in commissione esteri, commenta qualcuno del suo partito. Quantomeno per motivi di opportunità. Del resto, la vicinanza di Petrocelli alla Russia (e a Putin) non è di certo un mistero. Come testimoniano i numerosi viaggi del senatore verso la Federazione e i frequenti pranzi con Razov, l’ambasciatore russo a Roma. E Petrocelli non ha mai fatto mistero nemmeno della sua simpatia verso i Paesi non allineati come Cina e Venezuela.

Sul fronte pentastellato, alle perplessità sulla posizione del gruppo di grillini guidati da Petrocelli, Giuseppe Conte aveva comunque preferito il silenzio, rinviando al mittente la richiesta di lasciare libertà di voto. Per evitare lo strappo di Petrocelli e di altri esponenti del Movimento era stata ventilata l’ipotesi di votare la risoluzione per parti separate.

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