Firma digitale per le proposte di referendum: si ritorna indietro?

La raccolta delle proposte di referendum tramite la firma digitale per potrebbe presto perdere ogni valore ed essere, di fatto, resa inutile dal governo. Lo ha dichiarato lo stesso ministro per la Transizione digitale, Vittorio Colao, rispondendo a un’interrogazione del deputato di +Europa Riccardo Magi. Quest’ultimo chiedeva conto dello stato di avanzamento di una piattaforma digitale per la raccolta firme, promessa dal governo ormai più di due anni fa.

Le dichiarazioni di Colao sembrano contraddire anche le sue precedenti dichiarazioni sulle funzioni della piattaforma, rilasciate durante l’evento Italian tech a maggio 2021. Allora il ministro aveva spiegato che la piattaforma avrebbe svolto tutte le funzioni necessarie per validare le firme e renderle equivalenti a quelle raccolte in modalità analogica, come previsto dalla legge in materia. Infatti l’articolo 344 della legge numero 178 del 30 dicembre 2020 specifica come le firme digitali non siano soggette all’autenticazione per via analogica.

Referendum: la battaglia sulla firma digitale di un anno fa

È passato meno di un anno da quando il Parlamento ha approvato anche la raccolta della firma digitale per proporre i referendum. La disposizione era stata inserita all’interno del decreto 77 del 2021, cosiddetto Semplificazioni, dopo il via libera delle commissioni Affari costituzionali e Ambiente, nonostante il parere negativo del governo. Si era parlato di una svolta storica, che avrebbe finalmente cambiato un quadro normativo vecchio e inadeguato, consentendo una maggiore partecipazione democratica di tutta la cittadinanza.

Gli effetti positivi dell’introduzione della firma digitale sono arrivati immediatamente. La dimostrazione più lampante è stata l’incredibile partecipazione alla raccolta firme per sostenere la proposta dei referendum sulla depenalizzazione della cannabis e sull’eutanasia. In un tempo record entrambe le proposte di referendum hanno superato consistentemente il tetto delle 500mila firme, anche grazie alle firme digitali, utilizzate da un milione di persone.

Tuttavia, secondo le dichiarazioni del ministro Colao, la piattaforma pubblica per i referendum che entrerà in funzione prossimamente (dopo molti mesi di ritardo rispetto alla scadenza fissata dalla legge al primo gennaio 2022) permetterà consentirà solamente di sottoscrivere i quesiti referendari, ma non di autenticare e abbinare le firme ai certificati elettorali. In questo modo, le firme non avranno più valore di quelle raccolte su piattaforme come Change.org.

Il commento dell’Associazione Luca Coscioni

Inoltre, con l’entrata in funzione della piattaforma pubblica, non sarà più possibile firmare i referendum con le proprie credenziali di identità digitale su piattaforme private, come invece avvenuto la scorsa estate, con costi a carico dei comitati promotori. “Si va in sostanza a privare i cittadini di un loro diritto, conquistato appena un anno fa”, ha dichiarato l’associazione Luca Coscioni, che ha lottato sia per l’introduzione della firma digitale sia per i referendum su cannabis ed eutanasia.

“Non c’è giustificazione possibile di fronte alla cancellazione della firma digitale sui referendum. Esiste un precedente che spazza via ogni pretesto. Ben 999.860 cittadine e cittadini italiani hanno già firmato per via telematica dei referendum. La loro firma è stata già considerata legalmente valida, e quei referendum legalmente depositati, prima della sentenza eversiva con la quale la Corte costituzionale ha impedito il voto su eutanasia e cannabis. Come se non bastasse, cancellare la firma digitale ci farebbe violare anche la legalità internazionale, dopo che l’Onu ha condannato l’Italia per gli ostacoli irragionevoli alla raccolta delle firme sui referendum”, ha dichiarato Marco Cappato, tesoriere dell’Associaizone Luca Coscioni.

In Italia le procedure di raccolta firme sono amministrate da una legge vecchia di 50 anni, in un quadro normativo giudicato dal comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite come contrario al diritto dei cittadini di partecipare alla vita pubblica. Mentre la raccolta firme in formato digitale è una pratica comune in quasi tutta l’Unione europea e in alcuni paesi, come la Germania, le firme digitali sono valide anche per la presentazione di nuovi partiti alle tornate elettorali nazionali ed europee.

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