Enrico Montesano, da eletto con il PDS ai No Green pass: la conversione

Tra i portuali di Trieste in protesta contro il Green pass non c’è solo Fabio Tuiach, il pugile ex Lega e Forza Nuova che si sentì offeso” da Liliana Segre che aveva ricordato (come se fosse un’opinione) che “Gesù era ebreo“. Non c’è solo il Generale Adriano Pappalardo, colui che più volte ha più o meno goffamente tentato di sovvertire lo Stato prima di diventare il leader dei Gilet Arancioni. Spicca infatti anche Enrico Montesano, sempre più punto di riferimento della galassia No Vax, No 5G e complottista sin dall’inizio della pandemia. Ma con un passato, noto e chiaramente documentabile, da fiero sostenitore del centrosinistra. Come sia avvenuto un tale cambiamento nell’attore romano è oggetto di vari studi e riflessioni.

L’arrivo di Enrico Montesano a Trieste

Partiamo dalla fine, ossia dal Molo 4 del porto di Trieste. Qui, come detto, si è palesato proprio Enrico Montesano con tanto di coppola in tweed divenuta d’ordinanza in questa nuova fase della sua esistenza. Che si sviluppa massicciamente su Facebook, dove non a caso la sua trasferta in terra giuliana è stata ampiamente documentata.

Sto riprendendo, perché tutta l’Italia deve vedere l’entusiasmo e la determinazione dei portuali di Trieste. Di tutti i lavoratori che lottano per la libertà“, ha affermato in un video pubblicato in diretta proprio su Facebook. Ma Enrico Montesano si fece notare anche un anno fa, quando era in vigore l’obbligo di indossare la mascherina. E il suo video in cui discute con la Polizia asserendo che fosse “un obbligo di un decreto ministeriale, che è inferiore a una legge. Questo è sequestro di persona“.

Gli anni del grande successo

Enrico Montesano, romano della Garbatella, è nato nel 1945. Esattamente a metà, quindi, tra Gigi Proietti (1940) e Carlo Verdone (1950). Due maestri della romanità con cui ha lavorato in alcune delle sue più indimenticabili apparizioni cinematografiche (‘Febbre da cavallo‘ con il primo, ‘I due Carabinieri‘ con il secondo). Ma che, secondo molti, hanno finito entrambi per schiacciarlo. Contestualmente, l’attivissimo attore (teatro, cinema e tv non facevano differenza per lui) sviluppò anche una precisa coscienza politica.

Di estrazione socialista, Enrico Montesano finì nell’orbita del PDS nei primissimi anni ’90, quelli che avrebbero determinato la fine del PSI craxiano con Tangentopoli. Addirittura nel 1993 divenne consigliere comunale a Roma, più votato in assoluto nella sua lista. Quindi nel 1994 fu eletto europarlamentare sempre per il PDS, dimettendosi due anni dopo. Proprio quando qualcosa iniziava a cambiare.

La rabbia crescente di Enrico Montesano

Dopo un decennio straordinario a livello lavorativo, gli anni ’80, i ’90 furono decisamente delicati per Enrico Montesano. Un’approfondita analisi in tal senso è arrivata in agosto a firma ‘Esquire’. Qui si prende in analisi il doppio caso di “Fantastico, show di Rai1 che nel 1988 ottenne dei record mai più raggiunti e nel 1997 un roboante quanto inatteso flop. In entrambi i casi alla conduzione c’era l’attore romano, la cui leggerezza stava già iniziando a lasciare spazio a una rabbia costante.

Impegnato con disimpegno, caratteristica non facile da portare avanti, Enrico Montesano secondo ‘Esquire’ non è mai riuscito a uscire dagli schemi che lo avevano reso grande. Ma che avevano bisogno di evolversi (come avvenne con Verdone, sempre attento alle manie dell’uomo medio e certo non rimasto “Mimmo” per sempre). Allo stesso tempo non ha mai creato una vera scuola, come avvenuto per Gigi Proietti (da Enrico Brignano in giù). Er Pomata è quindi rimasto per sempre “figlio” di Roma senza mai diventare “padre”. E lasciandosi fagocitare dal suo stesso mondo, abbandonandosi via via al livore.

Nel 2008 una prima svolta a destra, con l’appoggio a Gianni Alemanno. Poi una breve infatuazione verso il M5s, e nel 2018 una storica intervista a Peter Gomez su Nove, nel corso di “Confessione“. Con il nuovo Enrico Montesano che prese corpo: “D’Alema ha iniziato a uccidere la sinistra, Renzi ha dato il colpo di grazia. Salvini? Non è un razzista, credo non lo sia nessuno di noi italiani. Mussolini? Voleva bene agli italiani, li voleva aiutare. Ma le leggi razziali sono una macchia indelebile, su cui non lo perdono. Si è alleato con un pazzo furioso che ha portato l’Italia in guerra. E pensava di sedersi al tavolo della pace da vincitore“. Da allora l’ulteriore svolta, fino all’appoggio ai 3V di Ugo Rossi.

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