Caso Santanchè, altri guai giudiziari per la ministra del Turismo

Un’altra grana giudiziaria per Daniela Santanchè, dopo il caso Visibilia. La procura di Milano ha chiesto la liquidazione giudiziale (ovvero il fallimento) di Ki Group, società di cui la ministra del Turismo in passato è stata socia con ruoli di gestione.

Secondo i pubblici ministeri milanesi il piano di concordato semplificato con i creditori (gli ex dipendenti e i fornitori) proposto da Ki Group srl non è fattibile.

Per questo i pm Maria Gravina e Luigi Luzi ieri hanno depositato al tribunale fallimentare la richiesta di inammissibilità del concordato e presentato con “separato atto” l’istanza di liquidazione giudiziale di tutto il gruppo societario, che comprende Ki Group Srl, Ki Group Holding Spa e Bioera Spa.

Da parte della società, c’è stata una “mancata comunicazione di informazioni fondamentali per la procedura” che “costituiscono delle gravi omissioni in danno dei creditori”, scrivono i magistrati nel documento di 10 pagine con cui  chiedono al tribunale fallimentare di valutare l’inammissibilità del concordato.

Non sono state rispettate le condizioni di accessibilità allo strumento del concordato semplificato. In particolare non viene fornita alcuna indicazione in ordine a una effettiva e completa interlocuzione con i creditori, al fine di raccogliere un eventuale consenso”.

La ministra rischia la bancarotta

Il risanamento di Ki Group, società del biologico che nel 2014 ha visto entrare in maggioranza Santanchè e l’allora compagno Caio Mazzaro, sarebbe dovuto passare da un intervento pari a 1,6 milioni della capogruppo Bioera, che però viaggia essa stessa in cattive acque.

Come spiegano i magistrati, “è gravata da una perdita di 5,3 milioni” nell’ultimo bilancio. “Essendo questa la situazione economica di Bioera, di cui questo ufficio chiede la liquidazione giudiziale, non si vede come la stessa possa farsi carico del peso economico del piano proposto da Ki Group. Gli scriventi pertanto concludono rilevando la manifesta inattitudine del piano proposto e la non fattibilità dello stesso con riguardo alle garanzie offerte per assicurare la liquidazione, in palese danno ed in frode ai creditori con conseguente pregiudizio aggravato dalla mancata comunicazione agli organi della procedura di importanti informazioni”.

Se il gruppo, come chiedono i pm, dovesse finire in liquidazione giudiziale, gli amministratori e gli ex amministratori rischierebbero le accuse di bancarotta e false comunicazioni sociali sul fronte penale.

La ministra del Turismo Daniela Santanchè
La ministra Daniela Santanchè – Foto | ANSA/ GIANLUIGI BASILIETTI – Newsby.it

L’opposizioni chiedono le dimissioni di Santanchè

Le opposizioni tornano a chiedere nuovamente le dimissioni dell’esponente di Fratelli d’Italia, già  indagata per falso in bilancio per la gestione della concessionaria pubblicitaria Visibilia. Ma lei ha già fatto sapere che non intende fare un passo indietro.

Per il Movimento 5 Stelle,“la mesta soap opera Santanchè” è “un danno immane per la credibilità delle nostre istituzioni” quindi “la premier Meloni dovrebbe fare un favore agli italiani ma soprattutto a se stessa: chiederle un passo indietro seduta stante. Avere un governo ostaggio di questo raggelante telefilm a puntate danneggia il Paese e le menzogne raccontate all’aula del Senato dalla ministra del Turismo rimarranno una macchia indelebile sulla legislatura”. Insomma, scrivono i senatori pentastellati, “non c’è davvero più alcun motivo plausibile perché Santanchè resti a ricoprire quel ruolo“.

Sulla stessa linea il Partito democratico, che con il vicepresidente del gruppo Pd alla Camera Toni Ricciardi, invoca un passo indietro immediato: “Crolla definitivamente il castello di menzogne costruito dalla ministra Santanchè. Le sue dimissioni sono inevitabili. Mostri un minimo di rispetto per le Istituzioni e per il Paese“.

Secondo Alleanza Verdi e Sinistra, “giorno dopo giorno il castello di bugie dette dalla ministra del Turismo viene giù. Solo poco tempo fa in Senato ripeteva che avrebbe risanato i conti delle sue società e che nulla di ciò che le addebitavano era vero”. La richiesta dei pm, commenta il senatore di Avs Peppe De Cristofaro, è dunque “l’ennesima prova” che “ha mentito al Parlamento e al Paese”. È “grave che abbia giurato il falso”. Quindi “non può fare la ministra della Repubblica” .

I dipendenti in attesa del Tfr

Dal canto loro i dipendenti e le dipendenti del gruppo, ancora in attesa del pagamento del Trattamento di fien rapporto (Tfr), attraverso il loro legale Davide Carbone, ricordano le dichiarazioni rese dalla ministra nell’aula di Palazzo Madama: “Ad oggi sono rimaste solo vane promesse: un esercizio sterile della lingua italiana. Di fatto il fallimento farà sì che i debiti verso i dipendenti verranno saldati dall’Inps e quindi dai cittadini italiani”.

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