Caso camici, la difesa di Fontana: “Regione ha risparmiato mezzo milione”

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“Non c’è stato alcun illecito né di carattere penale né di carattere civilistico”; piuttosto una fornitura che è diventata donazione e che ha consentito a Regione Lombardia “di risparmiare 513mila euro”. È quanto hanno sostenuto nel corso del loro intervento in udienza preliminare gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, difensori del governatore lombardo Attilio Fontana, imputato per il cosiddetto ‘caso camici’. I due legali, che hanno chiesto il proscioglimento, prima di lasciare l’aula hanno ribadito che “non c’è stata mai una gara”. Si trattava invece di “un’offerta d’urgenza accettata come una fornitura a pagamento” di materiale che poi “si è deciso di donare”.

Caso camici, i legali di Fontana: “Modifiche ai capi d’imputazione? Autogol dei pm”

Riguardo all’aggiunta di un paio di incisi nel capo di imputazione da parte dei pm Paolo Filippini e Carlo Scalas, gli avvocati Pensa e Papa hanno commentato: “Hanno fatto un altro autogol, perché se uno continua a modificare le imputazioni e ci mette ore a illustrare le modifiche, vuol dire che fa fatica a crederci”. Quanto al bonifico, mai andato a buon fine, di 250mila euro prelevati dal conto in Svizzera del governatore per risarcire Dini, la difesa ha ribadito che “il presidente voleva fare un atto riparativo nei confronti del cognato che aveva fatto una ingente donazione a Regione Lombardia. Cognato che nulla sapeva di tale intenzione e che poi non ha accettato”.

La difesa del cognato Andrea Dini: “Dopo l’imbarazzo fece la donazione alla Regione”

Andrea Dini, titolare di Dama e cognato di Fontana, “prese atto” che non poteva andare avanti “con quella fornitura” perché “il governatore gli disse ‘mi metti in imbarazzo’ e quindi lui fece un passo indietro” e si arrivò alla donazione. Questa, in sintesi, è la tesi sostenuta in udienza preliminare dall’avvocato Giuseppe Iannaccone, legale di Dini. Il difensore ha chiesto al gup Chiara Valori di prosciogliere l’imprenditore, fratello della moglie del presidente della Lombardia che, a suo dire, “non ha commesso alcun reato”. In aula Iannaccone ha anche fatto presente che, poi, Dini ha offerto gli altri 25mila camici previsti inizialmente nella fornitura ma “la Regione non li ha voluti; ed è documentato per iscritto che li abbiamo offerti”.

Nella scorsa udienza i pm Filippini e Scalas, che hanno coordinato le indagini insieme all’aggiunto Maurizio Romanelli, hanno ribadito la richiesta di processo per tutti e cinque gli imputati del caso camici, Fontana compreso. Si riprende ora il 9 maggio per discutere le modifiche al capo di imputazione apportate dalla Procura. Il 13 maggio il gup deciderà infine se mandare a giudizio o dichiarare il non luogo a procedere i cinque imputati. Ovvero: il governatore Attilio Fontana; il cognato Andrea Dini; l’ex direttore della centrale acquisti regionale Aria Spa, Filippo Bongiovanni; la dirigente della società Carmen Schweigl; il vicesegretario generale della Regione, Pier Attilio Superti. L’accusa è di frode in pubbliche forniture.

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