Calenda: “Meloni ridicola quando dice finita pacchia in Ue”

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Giorgia Meloni che dice ‘è finita la pacchia in Europa’ è semplicemente un po’ ridicola. Non credo che nessuno tremi in Europa per queste parole che invece fanno male all’Italia“. Lo ha affermato Carlo Calenda in diretta sui social, commentando il confronto tra Enrico Letta e Giorgia Meloni su Corriere.it. Il leader di Azione ha specificato che il Terzo Polo ha una linea simile a quella del Pd sotto vari aspetti. “Siamo europeisti e riteniamo che ci voglia più Europa, però pensiamo che sia assurdo pensare di andare avanti con tutti questi Paesi che mettono veti, come la Polonia e l’Ungheria. Inoltre, bisogna fare attenzione all’allargamento indiscriminato dell’Ue. Si può avere un’Europa molto forte o un’Europa molto larga, difficile ottenere entrambi i risultati. Sotto questo punto di vista le posizioni del Pd sono piuttosto ingenue“, ha osservato Calenda.

Elezioni, Calenda: “Letta e Meloni come Sandra e Raimondo”

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Calenda ha poi dichiarato che “rinegoziare il Pnrr è una follia, non sta né in cielo né in terra. Sono considerazioni stravaganti, discussioni surreali tipiche dell’Italia, dove i politici non hanno mai lavorato un giorno fuori dalla politica. Basta con le stupidaggini, cerchiamo di implementare il Pnrr che già sarà molto difficile“. Il leader di Azione ha affrontato la questione nel suo ‘Controdibattito 2+1’ sui social in cui risponde in differita alle stesse domande poste al segretario del Pd Enrico Letta e alla leader di FdI Giorgia Meloni.

Un dibattito fra Sandra e Raimondo senza alcun senso. Non è vero quello che dice Meloni, sono stati contro il Pnrr come contro il Mes“, ha detto ancora Calenda, sottolineando che Draghi abbia dovuto modificare il piano del Pnrr italiano e “fare le cose velocissimamente per non perdere i soldi“.

“Basta venditori di bibite in politica, non è Grande Fratello”

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Poi, intervenendo all’evento organizzato dal CNA a Roma, Calenda ha rincarato la dose: “Come mai votiamo la politica di cui siamo insoddisfatti? Uso la metafora della piccola impresa artigiana: se doveste fare un colloquio di lavoro chiedereste che cosa ha fatto una persona nella vita, se ha esperienza, e che progetti ha per l’azienda. Se una persona ha fatto il venditore di bibite, ad esempio, non lo prenderei in questa impresa. Se quella persona vi dicesse che l’impresa diventa più grande della general electric, chiamereste la neuro. Votiamo persone che fuori della politica non hanno fatto un giorno di lavoro e che vi raccontano cose meravigliose. Se non cambiamo modo di votare, noi facciamo i prossimi 30 anni come abbiamo passato gli ultimi 30 anni, cioè votando persone che non assumeremmo per la nostra impresa artigiana“.

“Servono 15 miliardi, 3 di scostamento. Rischio governo su macerie”

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Quello che dobbiamo fare è chiaro. La prima cosa è il disaccoppiamento di gas e rinnovabili che abbiamo proposto per primi. La Meloni ha detto che bastano 3 miliardi per fare questa manovra, ma si è sbagliata perché servono 15 miliardi e senza questi fondi dopo il 26 si governerà sulle macerie. Se il governo ha questi soldi, bene, se non li ha bisogna andare avanti con lo scostamento“, ha aggiunto ancora Calenda all’evento organizzato dal CNA a Roma. “Costerà molto di più intervenire dopo in termini di cassa integrazione e reddito di cittadinanza. Queste cose io le posso chiedere a Draghi, Salvini no“, ha spiegato ancora.

“Mentre noi giochiamo a racchettoni, Draghi manda avanti il Paese”

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Infine, Calenda è tornato sulla questione crisi energetica e sull’esigenza di costruire rigassificatori e termovalorizzatori: “C’è tanto populismo in questo Paese, tale per cui non si riesce a fare mai niente. Mancano rigassificatori e termovalorizzatori ma nessuno li vuole fare. Sono andato a Piombino che è l’unico posto dove è possibile installarlo perché a marzo mancherà il gas. Nessuno lo vuole, né Fdi, né Pd e neanche Bonelli e Fratoianni“.

E ancora: “Sono venti giorni che chiedo di fermare la campagna per parlare di energia, noi non siamo la Germania. Mentre noi giochiamo a racchettoni, Draghi manda avanti il Paese ed ho pensato che avremmo dovuto prenderci delle responsabilità per aiutarlo. I partiti non l’hanno voluto fare perché la campagna elettorale è improntata su di un manifesto che vede Almirante contro Berlinguer, ma l’Italia non è divisa in rosso e nero. La politica non è netta, ci sono tanti toni di grigio“, ha concluso il leader di Azione.

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