Libia, quali sono le cause degli scontri tra milizie?

Da almeno un anno non si assisteva a violenze così cruente a Tripoli. Secondo il Centro di Medicina d’Urgenza, è salito a 55 morti e oltre 140 feriti il bilancio degli scontri esplosi lunedì notte nella periferia sud-orientale della capitale libica, e proseguiti martedì, tra la Brigata 444 e Al-Rada.

I testimoni hanno raccontato di quartieri preda dei colpi d’artiglieria. Le squadre di soccorso hanno evacuato 234 famiglie mentre le autorità hanno disposto la chiusura “per ragioni di sicurezza” dell’università di Tripoli e dell’aeroporto di Mitiga.

Gli scontri tra fazioni

È proprio lì che lunedì si è accesa la scintilla degli scontri, dopo che Al-Rada ha arrestato il colonnello a capo della Brigata 444, Mahmoud Hamza, giunto a Mitiga per imbarcarsi su un volo diretto a Misurata, dove lo attendeva un evento pubblico.

Secondo l’emittente Al-Ahrar Tv, la normalità è tornata solo mercoledì mattina, ma già martedì sera una fonte interna al Governo di unità nazionale (Gun) di Tripoli confermava che il primo ministro aveva raggiunto un accordo per il cessate il fuoco tra le parti. Al-Rada ha acconsentito a rilasciare Hamza e a consegnarlo a una fazione neutrale mentre la Brigata 444 ha deposto le armi.

Il ministro dell’Interno Imed Trabelsi ha disposto il dispiegamento di forze per garantire il rispetto del cessate il fuoco. Il vice premier Ramadan Abu Jinnah dal canto suo su Facebook ha avvertito che il Governo di unità nazionale non “tollererà alcuna escalation”, ribadendo lo slogan “no alla guerra”.

Chi sono le milizie rivali

La Brigata 444 e al-Rada sono le fazioni più influenti nell’area. La prima, affiliata al ministero della Difesa di Tripoli, è considerata una milizia “affidabile”. Controlla i quartieri a sud della Capitale e tutte le vie di comunicazione per il Fezzan e il deserto.

Al-Rada – nota anche come Forza di deterrenza speciale invece è una milizia islamica fondamentalista che agisce da forza di polizia e controlla il centro e l’est di Tripoli, compresi l’aeroporto di Mitiga e il principale carcere della città. Ha legami con il ministero della Difesa ma di fatto agisce in modo indipendente. Il gruppo non è nuovo agli arresti di politici e attivisti locali, tanto da essere accusato di violazione dei diritti umani da Amnesty International e dalle Nazioni Unite.

Non è la prima volta che le due fazioni rivali arrivano allo scontro armato nella capitale libica. L’ultimo incidenti si era verificati lo scorso maggio quando i miliziani di al-Rada avevano rapito un altro leader della Brigata 444.

I gruppi, appena un anno fa, si erano alleati per respingere le milizie al soldo del premier di Tobruk, Fathi Bashagha, giunto per spodestare l’omologo tripolino Abdul Hamid Dbeibeh.

L’esecutivo di Tripoli è consapevole di quanto sia precaria la relativa stabilità che il Paese ha sperimentato di recente. Secondo gran parte degli analisti, anche se gli scontri di lunedì sembrano rientrati, di certo la miriade di gruppi armati che tengono in scacco la Libia continueranno ad avere in mano il destino del Paese nordafricano.

Scontri armati a Tripoli, in Libia, tra milizie armate
Foto EPA/STR

Un Paese spaccato a metà conteso dalle milizie

Anche la Missione d’appoggio delle Nazioni unite in Libia (Manul) ha esortato le fazioni a gettare acqua sul fuoco in vista delle tanto agognate elezioni generali, in programma nel 2014 per ricomporre le fratture del Paese spaccato a metà: l’Ovest (Tripoli) del Gnu riconosciuto dall’Onu e l’Est (Bengazi) in mano al generale Khalifa Haftar.

Sullo sfondo, bande criminali, fazioni e milizie che si contendono territori e risorse e hanno gettato nel caos il Paese nordafricano dopo l’intervento militare della Nato che nel 2011 ha portato alla caduta del regime del colonnello Muammar Gheddafi.

Dopo il cessate il fuoco raggiunto nel 2020 tra il Governo di unità nazionale e Haftar, dal Palazzo di vetro si sono moltiplicati gli sforzi per riportare i libici alle urne, un appuntamento che suggellerebbe la legittimità del processo politico.

L’economia in ripresa

A una relativa stabilità si è accompagnata una timida ripresa dell’economia favorita soprattutto dal rilancio della produzione e delle esportazioni di petrolio, i cui proventi vengono spartiti tra Tripoli e Bengazi e i loro affiliati armati.
Una boccata d’ossigeno per le casse del Paese, che secondo il Fondo monetario internazionale quest’anno si tradurrà  in una crescita del Pil superiore al 17%.

La questione migranti verso l’Europa

Il timore in Italia e a Bruxelles è che una rinnovata instabilità in Libia possa spingere più persone a tentare la pericolosa traversata lungo la rotta del Mediterraneo centrale per raggiungere le coste italiane.

Come ha evidenziato il dossier di Ferragosto del Viminale, quest’anno si è invertita la tendenza che vedeva il Paese nordafricano come principale punto di partenza verso l’Europa. Nei primi sette mesi del 2023 la maggior parte delle persone approdate sulle coste italiane proveniva dalla Tunisia (54mila, pari al 61%), complice la crescente instabilità del Paese, l’economia dissestata e il giro di vite sui diritti umani inaugurato dal premier presidente tunisino Kais Saied.

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