Inferno a Gaza: blackout, raid a tappeto e soldati sul terreno

Quella appena trascorsa è stata una notte infernale per Gaza, la “peggiore” dall‘inizio della guerra per l’intensità dei bombardamenti. È una delle poche testimonianze filtrate dall’enclave, raccolta dal quotidiano Haaretz malgrado il blackout in cui è piombata la Striscia da ieri sera, dopo che Israele ha distrutto tutte le infrastrutture delle comunicazioni: niente rete telefonica né Internet. La popolazione palestinese è completamente isolata dal resto del mondo.

Raid dal cielo, tank e soldati sul terreno

Attacchi dal cielo, via terra e dal mare. I raid, martellanti e incessanti, hanno preso di mira in particolare obiettivi di Hamas nel nord di Gaza, nel campo profughi di Jabaliya, a Bet Lahiya e Bet Hanoun. Secondo fonti palestinesi, ci sarebbero stati anche scontri diretti contro le truppe israeliane. Raid sono stati segnalati anche nella zona centrale dell’enclave e nel sud, a Khan Yunis. Dopo l’ingresso di soldati e tank ieri notte, “forze di terra si trovano ancora sul terreno e portano avanti la guerra”, ha fatto sapere il portavoce militare Daniel Hagari.

Nel mirino delle forze di Tel Aviv i tunnel di Hamas a Gaza. Sono stati circa 150 gli obiettivi sotterranei colpiti dall’aviazione israeliana, oltre a “decine di terroristi”, ha fatto sapere Hagari. Sarebbero stati uccisi diversi esponenti del movimento palestinese, inclusi il responsabile dell’aviazione, Ezzam Abu Raffa, e il comandante delle forze navali, Ratib Abu Tzahiban.

A tre settimane dall’attacco a sorpresa di Hamas, queste potrebbero essere le prove generali di un’invasione di terra su vasta scala, dopo due giorni di incursioni limitate da parte delle truppe israeliane. Dalle forze armate non sono arrivate conferme né smentite in proposito.

Da Hamas missile nel sud di Israele

L’ala militare di Hamas, le Brigate Al Qassam, dal canto suo ha preso di mira le città di Sderot, Ashdod e Ashkelon, nel sud di Israele, con “intensi” lanci di missili. Il movimento si dice “pronto” per un’invasione israeliana di Gaza. “Se Netanyahu decidesse di entrare a Gaza stasera, la resistenza sarebbe pronta”, ha detto su Telegram Ezzat al-Rishaq, membro dell’ufficio politico.

Situazione drammatica a Gaza, oltre 7.700 morti

Il ministero della Salute palestinese intanto ha aggiornato la contabilità delle vittime. Dall’inizio del conflitto i morti hanno superato quota 7.700. E, dopo i dubbi sollevati dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden circa l’attendibilità dei numeri diffusi da Gaza, le autorità hanno diffuso la lista delle persone morte dal 7 ottobre, completo di nome, età e numero della carta d’identità.

Con il passare dei giorni, le agenzie delle Nazioni Unite, le Ong e il personale medico sul posto hanno sempre meno margine d’azione per assistere sfollati e feriti. Dal 21 ottobre, ha certificato l’Onu, sono entrati attraverso il valico di Rafah appena 84 camion di aiuti umanitari, una goccia nel mare. Ne servirebbero almeno un centinaio al giorno. “Questi pochi camion non sono altro che briciole che non faranno alcuna differenza” per la popolazione, ha detto Philippe Lazzarini, direttore dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi, che ha annunciato di aver “ridotto notevolmente le sue operazioni” a causa dei bombardamenti e della mancanza di carburante. Dodici dei 35 ospedali della Striscia hanno dovuto chiudere i battenti.

Blackout nella Striscia

Con Internet spento e le comunicazioni al collasso, chi miracolosamente è riuscito a mettersi in contatto con l’esterno parla di caos totale e ambulanze che si muovono alla cieca, dirigendosi semplicemente nelle aree delle esplosioni dal momento che non possono ricevere richieste di aiuto. Dagli ospedali del resto non arrivano più aggiornamenti su vittime e feriti.

Le agenzie dell’Onu e le organizzazioni umanitarie non hanno più notizie dei loro staff sul posto. “Abbiamo perso i contatti con i nostri colleghi di Gaza”, ha confermato Catherine Russell, direttrice generale dell’Unicef. “Sono estremamente preoccupata per la loro sicurezza e per un’altra notte di orrore indicibile per un milione di bambini a Gaza”.

Bombardamenti nella notte delle forze israeliane su Gaza
Bombardamenti notturni su Gaza | Immagine  screenshot video Al Jazeera Arabic

Da ieri dall’enclave non filtrano più notizie. Come ha denunciato il Comitato per la protezione dei giornalisti,un blackout della comunicazione è un blackout dell’informazione”. Per questo il Cpj si è detto “allarmato” dalla situazione perché il mondo sta “perdendo una finestra sulla realtà” di ciò che accade nella Striscia. Il rischio è che il “vuoto” lasciato dall’“informazione indipendente e fattuale” venga “riempito dalla propaganda e dalla disinformazione.

Senza contare che il blackout può funzionare da copertura” per “atrocità di massa, denuncia Human Rights Watch, e dunque favorire l’“impunità” per chi commette crimini di guerra.

Almeno 29 giornalisti uccisi dal 7 ottobre

Per chi è sul campo a documentare il conflitto il rischio resta altissimo. Il numero dei giornalisti uccisi tra il 7 e il 27 ottobre è salito a 29, inclusi 24 palestinesi, quattro israeliani e un libanese. “Le ultime tre settimane sono state il periodo più sanguinoso degli ultimi decenni per i reporter di guerra, ha denunciato il Cpj.

L’Onu vota per una “tregua immediata”. L’Italia si astiene

Ieri intanto l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, convocata in sessione speciale, ha approvato una risoluzione presentata dagli Stati arabi che chiede una “tregua umanitaria immediata, duratura e prolungata” e l’accesso agli aiuti umanitari per la popolazione sotto assedio della Striscia di Gaza. Un esito che è stato accolto con favore dall’ambasciatore palestinese, mentre l’omologo israeliano Gilad Erdan ha parlato di “un giorno che passerà alla storia nell’infamia, un giorno buio per l’Onu, che non ha più un briciolo di rilevanza o legittimità”.

La risoluzione – che non è vincolante ma ha un peso politico – è passata con 120 sì, 14 contrati, tra cui quelli di Tel Aviv e Washington, e 45 astenuti, inclusa l’Italia, accompagnata tra gli altri da Germania e Regno Unito.

Il testo “non era equilibrato”, ha spiegato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, perché “non c’era una condanna di Hamas” e mancava il riferimento alla difesa di Israele.

La scelta di astenersi invece è stata “la più equilibrata tra le posizioni possibili”, ha rivendicato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “Stiamo cercando di mantenere l’equilibrio e sia il voto a favore sia quello contrario sarebbero stati voti che spostavano l’Italia rispetto alla posizione che sta tenendo. L’obiettivo è di impedire una escalation del conflitto, la cosa più responsabile che si possa fare ora”.

Una decisione criticata dal Partito democratico. “Penso sia stato un errore per l’Italia non sostenere la risoluzione dell’Onu come hanno fatto Francia e Spagna su una tregua umanitaria. Chiamatela tregua o cessate il fuoco umanitario, basta che si fermi questa strage di civili”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein.

Da New York a Roma, si manifesta per il cessate il fuoco

Intanto in diverse città del mondo, anche in Occidente, si continua a manifestare per il cessate il fuoco. A New York, migliaia di persone hanno aderito al sit in promosso da un’associazione ebraica pacifista. A Londra la comunità ebraica ha ricordato gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e oggi è in programma un corteo in solidarietà con la popolazione di Gaza. Anche Roma si è mobilitata. Associazioni dei palestinesi in Italia, centri sociali, collettivi e gruppi di sinistra hanno sfilato a sostegno dei palestinesi.

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