Gaza, la strage nell’ospedale riaccende la rabbia contro Israele e gli Usa

Non poteva partire in modo peggiore la visita del presidente Usa Joe Biden in Israele, in un Medio Oriente sempre più in fiamme dopo il raid di ieri sera sull’ospedale l’Ahli Arab Baptist di Gaza che ha fatto quasi 500 morti e oltre 300 feriti. Da Amman a Istanbul, da Teheran a Beirut fino a Ramallah e Bagdad, le piazze del mondo musulmano sono esplose di rabbia con manifestazioni contro Israele e Stati Uniti e le rappresentanze diplomatiche di Francia e Regno Unito.

Un massacro che ha indotto la Giordania a cancellare il summit a quattro previsto per domani tra lo stesso Biden, il re giordano Abdullah, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il capo dell’Anp Abu Mazen (Mahmoud Abbas), dopo il forfait del leader palestinese.

È stato annullato perché non serve parlare di qualsiasi altra cosa che non sia fermare la guerra“, ha detto il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi, citato dai media arabi. La Casa Bianca dal canto suo ha fatto sapere di aver rinviato il viaggio nel Paese “dopo essersi consultato con il re Abdullah II e alla luce dei giorni di lutto annunciati dal presidente dell’Autorità palestinese Mahmud Abbas”.

La strage all’ospedale: il rimpallo di accuse

Sulle responsabilità del raid, da ieri sera c’è un rimpallo di accuse tra Israele e Gaza. Lo Stato ebraico, su cui si sono concentrate da subito i sospetti, ha negato ogni coinvolgimento e ha attribuito la morte di centinaia di persone riparate nell’ospedale prima alla Jihad islamica, altro movimento attivo nella Striscia, e poi al fallito lancio di un razzo da parte di Hamas. Entrambi hanno rispedito al mittente e puntato a loro volta il dito contro Tel Aviv e Stati Uniti, che garantiscono “copertura all’aggressione israeliana”, ha detto il leader del movimento islamico che controlla Gaza, Ismail Haniyeh, incitando i palestinesi nei Territori occupati a insorgere contro l’occupazione israeliana.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu dal canto suo non ha dubbi sugli esecutori del raid. “Il mondo lo deve sapere, a colpire l’ospedale di Gaza sono stati barbari terroristi, non l’esercito israeliano”, ha scritto su X. “Coloro che hanno brutalmente ucciso i nostri bambini, uccidono anche i propri”.

Manifestazioni anti-Israele nel mondo musulmano

In coincidenza con l’arrivo del presidente americano nella regione, le milizie sciite libanesi di Hezbollah hanno indetto per oggi una “giornata della rabbia”. All’appello hanno risposto in centinaia protestando con lanci di pietre contro le ambasciate di Stati Uniti e Francia.

Migliaia di persone sono scese nelle piazze in diverse città dell’Egitto. Manifestazioni imponenti anche in Turchia, a Ankara e Instabul, dove una folla che portava bandiere e striscioni filo-palestinesi si è radunata davanti al consolato israeliano e ha poi fatto irruzione nell’edificio. Proteste anche contro la delegazione diplomatica americana in Iraq, quella di Israele in Giordania e quelle di Francia e Regno Unito in Iran.

Migliaia di palestinesi sono scesi nelle strade di diverse città della Cisgiordania, a Nablus, Ramallah, Tubas, Qalqilya, Hebron e Tulkarem. Manifestazioni anti-Usa e anti-israeliane anche a Teheran. In Libia, diverse centinaia di persone hanno protestato a Tripoli e Misurata contro il “nemico sionista”. Proteste anche nella città di Taz, in Yemen, e a Rabat, in Marocco.

Biden in Israele incontra Netanyahu

All’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, Biden è stato accolto dal premier Netanyahu e dal presidente Isaac Herzog. Nel bilaterale col primo ministro, il capo della Casa Bianca ha ribadito la solidarietà degli Usa nei confronti di Israele. “L’America è in lutto con voi e sta piangendo con voi” ma “dobbiamo tener presente che Hamas non rappresenta tutto il popolo palestinese, ha sempre portato sofferenza”.

Quanto al raid sull’ospedale di Gaza, Biden di è detto “indignato e profondamente rattristato” avvallando apparentemente la tesi di Israele. Sembra “sia stata fatta dall’altra parte”, ha detto equiparando ancora una volta Hamas allo Stato Islamico. “Ha compiuto orrori che al paragone quelli dell’Isis appaiono più ragionevoli”.

Netanyahu dal canto suo ha sottolineato il sostegno degli Stati Uniti. “Abbiamo visto il tuo sostegno ogni giorno. Un chiaro messaggio ai nostri nemici. Il mondo l’ha visto in modo chiaro“, ha scandito in conferenza stampa. “La tua visita è la prima di un presidente Usa in Israele in tempo di guerra”. “Come il mondo si è unito per sconfiggere il nazismo e si è unito per sconfiggere l’Isis, dobbiamo essere uniti per sconfiggere Hamas. Israele è unito per sconfiggere Hamas”.

Proteste a Teheran contro ambasciata di Francia
Proteste contro l’ambasciata di Francia a Teheran | Foto EPA/ABEDIN TAHERKENAREH

La missione di Biden in Medio Oriente

Il vertice di Amman, che avrebbe dovuto seguire la visita del presidente americano in Israele, era stato convocato per discutere “dei pericolosi sviluppi a Gaza e delle loro ripercussioni sulla regione“, ma pure per “trovare un orizzonte politico che rilanci il processo di pace israelo-palestinese”, bloccato da anni per la ferma opposizione del premier israeliano e la poco convinta azione diplomatica americana a favore della soluzione dei due Stati.

In questo quadro e alla luce della crescente emergenza umanitaria a Gaza, diventano sempre più un miraggio gli obiettivi della missione mediorientale. Primi fra tutti, ribadire “il diritto e il dovere” di Israele a difendersi da Hamas con il pieno sostegno americano e mettere in guardia i nemici dello Stato ebraico (Iran, Siria e Hezbollah) rispetto alla prospettiva di un allargamento del conflitto. Allo stesso tempo c’è l’urgenza di “coordinare gli sforzi per il rilascio degli ostaggi”, nonché ottenere garanzie per “minimizzare il numero delle vittime civili e far affluire gli aiuti umanitari a Gaza“, con l’ipotesi di “safe zone” per i civili.

Preceduto dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, primo leader internazionale a sbarcare in Israele dopo l’esplosione del conflitto, Biden aveva accolto con convinzione l’invito di Netanyahu. Da un lato per non mostrare esitazioni verso l’alleato e offrire il fianco alle critiche repubblicane durante la campagna elettorale. Dall’altro per mantenere viva la distinzione tra la popolazione palestinese e i “terroristi” di Hamas e cercare di fermare la crisi umanitaria a Gaza, che sta alienando il sostegno internazionale nei confronti di Israele e rischia di infiammare l’intero Medio Oriente.

Congelata l’invasione di terra a Gaza

In questo senso, il capo della Casa Bianca sperava di dissuadere lo Stato ebraico dal portare avanti la temuta invasione di terra a Gaza, dove oltre due milioni di palestinesi sono intrappolati e alle prese con un’emergenza umanitaria, privati di acqua, cibo ed elettricità. La sua visita sembra per ora frenato l’offensiva militare sulla Striscia.

Gli Usa, come ha spiegato il segretario di Stato Antony Blinken, in tour da una settimana in Medio Oriente, puntano a mettere in piedi, d’intesa con Israele, “un piano per consentire agli aiuti umanitari provenienti dai Paesi donatori e dalle organizzazioni multilaterali di raggiungere i civili a Gaza il prima possibile”.

Alla luce dei drammatici sviluppi, Washington ora potrebbe puntare a un cessate il fuoco, magari in cambio della liberazione degli ostaggi, come ha proposto nella serata di ieri Hamas.

Gaza: oltre 3.500 morti. “Cibo per mezza giornata”

Intanto continua a salire il bilancio delle vittime a Gaza. Secondo il ministero della Sanità palestinese, dall’inizio delle ostilità sono quasi 3.500 i morti, oltre 12mila i feriti.

Si aggrava la crisi umanitaria nell’enclave sotto assedio. Le scorte di cibo a disposizione dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi sono ormai agli sgoccioli. Possono bastare ancora per mezza giornata, ha detto ad al Jazeera il portavoce dell’Unrwa a Gaza, Adnan Abu Hasna. Quanto sta accadendo in questo momento, sostiene, è un inedito. Una “chiusura completa non avveniva dal 1967″, durante la guerra dei sei giorni. “Nei conflitti precedenti, Israele si è coordinata con l’Unrwa, riaprendo i valichi per portare aiuti umanitari e aprendo corridoi umanitari”.

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