Gaza, Netanyahu gela Biden: “Nessuno Stato palestinese nel dopo guerra”

Benjamin Netanyahu gela di nuovo Joe Biden aprendo un nuovo scontro con gli Stati Uniti sulla guerra a Gaza. Il premier israeliano ha escluso la nascita di uno Stato palestinese guidato dall’Anp, l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen. “Israele deve mantenere il pieno controllo della sicurezza della Striscia per garantire che Gaza non rappresenti più una minaccia e questo è in conflitto con la richiesta di sovranità palestinese”, ha chiarito l’ufficio del primo ministro smentendo le dichiarazioni del presidente americano, che aveva parlato di uno scenario postbellico “non impossibile. Netanyahu “ha ripetuto una posizione coerente da anni”, hanno precisato da Tel Aviv sconfessando il resoconto di Washington dopo il colloquio telefonico avuto tra i due, il primo dopo quasi un mese di silenzio.

Un botta e risposta che segnala la distanza ormai siderale tra l’amministrazione Biden e il premier israeliano. “Ci sono numerosi tipi di soluzione a due Stati. Ci sono Paesi che sono membri dell’Onu e non hanno le loro forze armate. Penso che ci sono modalità in cui potrebbe funzionare”, aveva detto il presidente democratico.

A Netanyahu ha replicato il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby: Washington continuerà a lavorare in Medio Oriente per una soluzione a due Stati, Israele e Palestina, ha detto parlando con i giornalisti a bordo dell’Air Force One. “Ci sarà una Gaza post-bellica e nessuna rioccupazione di Gaza”.

Le critiche di Onu e Ue

Sul fronte internazionale il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha bollato come “inaccettabili il rifiuto della soluzione dei due Stati e la negazione del diritto a uno Stato per il popolo palestinese”. Un fatto che rischia di “prolungare in modo indefinito il conflitto”, diventato ormai “una grave minaccia per la pace e la sicurezza globale”, oltreché “esacerbare la polarizzazione e incoraggiare gli estremisti ovunque”, ha detto il numero uno delle Nazioni Unite.

Stessi toni da parte dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, che anzi è andato oltre accusando il governo Netanyahu di aver “finanziato Hamas nel tentativo di indebolire l’Autorità palestinese”. Secondo il capo della diplomazia europea, il governo guidato da Netanyahu rappresenta “un impedimento” a qualsiasi soluzione del conflitto. Da qui la necessità che la comunità internazionale intervenga per “imporre dall’esterno” la creazione di uno Stato palestinese.

A Strasburgo intanto il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione non vincolante per chiedere un “cessate il fuoco permanente” nella Striscia di Gaza, ma condizionato al rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e allo smantellamento definitivo di Hamas.

Proteste in Israele contro il premier Benjamin Netanyahu
Proteste in Israele contro il premier Benjamin Netanyahu | ANSA – Newsby.it

Hamas contro Biden

In un’inconsueta convergenza, ma per ragioni diametralmente opposte, Hamas ha fatto eco alle parole del premier israeliano. “Vendere l’illusione che Biden stia cercando di parlare dello Stato palestinese non inganna il nostro popolo”, ha detto Izzat al-Richiq, esponente del movimento palestinese. “Biden è un partner a pieno titolo nella guerra del genocidio e il nostro popolo non si aspetta nulla di buono da lui”. Sul fronte ostaggi, Hamas ha rincarato la dose. “Alla fine Israele sarà costretto a raggiungere un accordo, perché in più di cento giorni di guerra non è riuscito a recuperare alcun prigioniero con la forza. Quindi o li riporterà indietro tramite un’intesa con il movimento o li riavrà cadaveri”, ha commentato Musa Abu Marzuk, membro dell’ufficio politico.

L’opposizione interna

In un clima di crescente isolamento internazionale, il premier israeliano deve fare i conti anche con l’opposizione interna. Le proteste contro il governo dilagano in tutto il Paese. Ieri in serata migliaia di persone hanno sfilato a Tel Aviv chiedendo lo scioglimento della Knesset e le dimissioni di Netanyahu. Oggi un’altra manifestazione è andata in scena a Cesarea, vicino alla casa del primo ministro, con le famiglie degli ostaggi che sono tornate a chiedere la liberazione dei cari ancora nelle mani di Hamas.

Netanyahu cola a picco anche nei sondaggi interni, mentre nel Likud, il suo partito, cresce la fronda contro un leader il cui destino politico appare sempre più in bilico. Secondo l’ultima rivelazione del quotidiano Maariv, se si votasse oggi il Likud dimezzerebbe i seggi a 16, contro i 39 del partito centrista di Benny Gantz Unione Nazionale. Crolla anche il gradimento popolare di Netanyahu, fermo al 31% di consensi, rispetto al 50% di Gantz.

Un premier dunque in evidente difficoltà, senza contare i guai giudiziari che lo vedono sotto processo a Gerusalemme per corruzione, frode e abuso di potere. Nel partito c’è già chi si prepara alla successione. Fonti anonime del partito hanno riferito al Jerusalem Post di considerare finita l’epoca di “Bibi” al potere.

Guerra a Gaza
La guerra a Gaza | Foto ANSA – Newsby.it

I fronti aperti, dall’Iran al Mar Rosso

Restano aperti i i fronti pronti a deflagrare oltre confini della Striscia. A cominciare da Teheran. Un raid attribuito a Israele ha ucciso nella capitale siriana Damasco, cinque pasdaran iraniani, tra cui il capo dell’intelligence dei Guardiani della rivoluzione in Siria e il suo vice. Il regime degli ayatollah dal canto suo ha promesso vendetta per il raid: “La Repubblica islamica non lascerà senza risposta i crimini del regime sionista”, ha avvertito il presidente iraniano Ebrahim Raisi.

Non si fermano gli attacchi dei ribelli Houthi yemeniti alle navi nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. Il capo della milizia filo-iraniana Abdul Malik al Houthi ha esortato il mondo arabo e musulmano a organizzare un boicottaggio di massa delle merci israeliane e ha promesso che “proseguiranno gli attacchi alle navi collegate a Israele”. Nella notte l’esercito americano ha lanciato un’altra ondata di attacchi missilistici contro i siti controllati dai ribelli sciiti. Si tratta del quarto raid in una settimana che prende di mira direttamente postazioni Houthi nello Yemen. “Gli attacchi contro gli Houti continueranno“, ha confermato il presidente Usa.

Gaza, oltre 25mila morti

Intanto sulla Striscia si continua a combattere e a morire. Con il conflitto che ha ormai superato il giro di boa dei cento giorni, prosegue incessante il martellamento della Striscia da parte delle forze israeliane. Il numero dei morti avrebbe superato quota 25mila, mentre i feriti sarebbero quasi 61mila, stima il ministero della Sanità di Gaza,

Secondo le Nazioni Unite, il 70% delle vittime è rappresentato da donne e bambini. Ogni ora, una madre viene uccisa. Come se non bastasse, prosegue continua il blackout dei servizi di telecomunicazioni all’interno dell’enclave.

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