Covid, Amsterdam: lo studio sui contagi si fa in discoteca. Ecco perché

No, non è uno scherzo, né tantomeno una bravata da parte di negazionisti. Lo Ziggo Dome di Amsterdam, nei Paesi Bassi, una delle discoteche più grandi d’Europa, ha ospitato 1.300 persone per una serata decisamente particolare: si trattava infatti di uno studio sui contagi da coronavirus. Obiettivo dei ricercatori era infatti quello di ricavare i dati necessari a dare indicazioni utili alle autorità per le riaperture in sicurezza dei locali al momento chiusi a causa delle restrizioni anti-Covid.

Amsterdam, oltre 100mila le richieste per il particolare studio sui contagi

Come riferito dal portale della testata britannica The Guardian, sono state oltre 100mila le richieste di partecipazione alla serata, da tutti i Paesi Bassi. I ricercatori hanno potuto selezionare solo 1.300 persone, che hanno pagato un biglietto di 15 euro e partecipato a una serata con i Dj olandesi Sam Feldt e Lady Bee e il duo Sunnery James & Ryan Marciano.

Insomma, una serata come tante prima della pandemia, con l’unica differenza che, questa volta, si è svolta per il bene della scienza. I partecipanti si sono sottoposti al test antigenico all’ingresso e sono stati divisi in cinque gruppi da circa 250 persone ciascuno. Ciascun gruppo doveva comportarsi secondo precise linee guida dettate dai ricercatori.

Obiettivo dello studio, capire come ‘si muovono’ le fonti di contagio. Ma non solo

Per Ruud Verdaasdonk, ricercatore dell’Università di Twente e organizzatore della serata, l’evento (il primo in un calendario che ne prevede otto) è stata un successo. “Abbiamo offerto un preparato fluorescente che si può bere come una birra – ha detto -. Quando le persone cantano e urlano, le goccioline emesse possono essere rilevate a distanza”.

Sotto esame, dunque, le cosiddette ‘droplet’, le goccioline d’aria emesse parlando e respirando. Ma i ricercatori hanno anche valutato altri parametri legati agli spostamenti e ai contatti con le persone vicine. L’obiettivo, insomma, era ed è quello di capire come ‘si muovono’ le fonti di contagio. Solo così si potranno proporre protocolli sempre più precisi e, chissà, ritornare a una normalità che da un anno a questa parte sembra quasi dimenticata.

Impostazioni privacy