Coldiretti, ecco perché sempre più giovani tornano alla terra

Dalla produzione di latte e formaggi, a quella di carni, salumi e verdure, sono oltre 13mila i giovani italiani under 35 titolari di imprese agricole. A suggellare il crescente ritorno alla terra da parte dei giovani è anche il boom di iscrizioni alle scuole professioni di agraria (+15%). È quanto emerge da una analisi Coldiretti sui dati Miur e Centro Studi Divulga, in occasione della sfilata delle mucche per l’apertura della Fiera agricola e Zootecnica di Montichiari. Con oltre 47mila metri quadri espositivi, è la più importante manifestazione italiana a livello internazionale dedicata all’allevamento, con agricoltori da tutte le regioni e i migliori esemplari delle più diverse razze in Italia.

Sempre più giovani tornano alla terra: perché

Ma quali sono le ragioni dietro questo rapido e improvviso ritorno alla terra? Secondo Coldiretti, la pandemia ha accelerato il fenomeno, mostrando come le campagne siano ancora oggi capaci di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita. Parallelamente cresce il numero degli iscritti a istituti professionali in Agricoltura, Sviluppo Rurale, Valorizzazione dei Prodotti del Territorio e Gestione delle Risorse forestali e montane. In aumento del 6% anche gli studenti all’indirizzo Agraria, Agroalimentare e Agroindustria degli istituti tecnici.

Negli allevamenti la vera novità rispetto al passato – sottolinea la Coldiretti – sono gli under 35 arrivati da altri settori“. Complessivamente la presenza dei giovani sembra positiva per l’insieme dell’agricoltura nazionale e per il Paese. Infatti “la capacità di innovazione e di crescita – continua la Coldiretti – porta le aziende agricole dei giovani ad avere un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più”. La presenza dei giovani incoraggia peraltro la svolta sostenibile dell’agricoltura italiana, la più ricca in biodiversità d’Europa. Con 316 specialità Dop/Igp/Stg, compresi grandi formaggi, salumi e prosciutti, l’agricoltura italiana vanta infatti un primato indiscusso per la qualità alimentare.

Le sfide post pandemia nel settore agricolo

D’altro canto, c’è preoccupazione sul fronte delle materie prime, con rincari insostenibili per l’energia e l’alimentazione degli animali nelle stalle, a causa della pandemia. “Infatti – spiega la Coldiretti – le quotazioni dei principali elementi della dieta degli animali, dal mais alla soia, sono schizzati su massimi che non si vedevano da anni“. Questo rincaro mette a dura prova la capacità produttiva in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria per i prodotti zootecnici.

Nell’immediato occorre garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende e delle stalle affinché i prezzi riconosciuti ad agricoltori ed allevatori tornino sopra i costi di produzioni“. Lo suggerisce il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, precisando che “c’è bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali risorse“. dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri.

Coldiretti contro la nuova etichetta Nutri-Score

Sotto accusa sono anche le recenti normative UE a favore dell’etichetta nutrizionale a colori, che boccia l’85% dei prodotti Made in Italy. Tra questi anche prodotti di eccellenza, come Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, “che la stessa Ue dovrebbe invece tutelare e valorizzare“. Il Nutri-Score “si concentra esclusivamente su un numero molto limitato di sostanze nutritive“, ad esempio  zucchero, grassi e sale. Ma non tiene conto delle porzioni, escludendo dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole, “per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta“, conclude Coldiretti.

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