Uber Files: cosa sono e perché è esploso il caso politico-giornalistico

Nelle ultime ore sta tenendo banco il caso degli Uber Files. Rivelano un sistema di lobbying e di pubbliche relazioni attuato dalla società per provare a ottenere l’appoggio di politici di spicco con l’obiettivo di scombussolare il settore dei taxi in Europa. Per capire cosa sono e cosa sta succedendo bisogna partire da una premessa: il lobbyng nel mondo occidentale è sempre in agguato, sia dove è legale che dove viola le leggi. L’ennesimo scoop dell’International Consortium of Investigative Journalists, quello capitanato dal britannico Guardian che aveva già diffuso i Pandora Papers, mette in inquietudine le capitali di mezzo mondo, inclusa Roma. Ma cosa sono gli Uber Files?

Si tratta di 124mila documenti trafugati a Uber, il noto servizio statunitense di noleggio di auto con autista. Comprendono oltre 83.000 e-mail, iMessage e messaggi WhatsApp Sono stati condivisi il 10 luglio con il Consorzio internazionale di giornalismo investigativo e 42 testate, tra cui Bbc, Le Monde e L’Espresso. Quei files vanno dal 2013 al 2017, il periodo d’oro per Uber, e dimostrerebbero una severa attività di lobbyng spinto con sfruttamento della manodopera, violazioni dei diritti dei lavoratori e deregulation del mercato del lavoro. Insomma, tutta una serie di strategie con cui Uber avrebbe adottato tecniche di pressione politica estremamente aggressive e di interazione con politici ed istituzioni. Il tutto fino ad “usare sistemi tecnologici per nascondere la propria attività alle autorità dei Paesi in cui operava”.

Chi è “coinvolto” negli Uber Files: i nomi di peso

Attenzione, però: per il momento gli Uber Files dimostrano (seppur in maniera inequivocabile) solamente un malcostume planetario e non (ancora) una violazione della legge. Ma chi è coinvolto negli Uber Files? Innanzitutto l’amministratore delegato di allora e co-fondatore, Travis Kalanick, che ha cercato di forzare il servizio di taxi nelle città di tutto il mondo. “Anche se ciò significava violare le leggi e i regolamenti sui taxi”, sostiene il Guardian.

Poi c’è (soprattutto) Emmanuel Macron, che da ministro dell’Economia fu molto vicino a Kalanik. il presidente francese avrebbe promesso all’azienda che avrebbe modificato le regolamentazioni sui trasporti, a che scopo? Favorire l’ingresso di Uber nel mercato francese. E in Italia? Il dito di molti è puntato contro l’ex presidente del Consiglio e leader di Italia Viva, Matteo Renzi. In queste ore, tra l’altro, la Lega chiede lo stralcio dal Dl Concorrenza del famoso “articolo 10”.

Alcuni politici non vicini a lui attribuiscono a Renzi un ruolo per 5 mesi “nel board di Delimobil, la più importante società russa di car-sharing”. Non solo: ma da capo di governo non ha fatto approvare alcunché di funzionale alle mire presunte di Uber, benché nei files viene definito “un entusiastico sostenitore di Uber”. Renzi ha spiegato a L’Espresso, capofila italiano dell’inchiesta, di “non avere mai seguito personalmente questioni dei taxi e trasporti che invece erano gestite a livello ministeriale, non dal primo ministro”.

Le parole di chiarimento dell’azienda

Anche l’ex commissaria Ue per il Digitale, Neelie Kroes, “fu in trattative per unirsi a Uber prima della fine del suo mandato e poi segretamente fece pressioni per l’azienda, in potenziale violazione delle norme etiche dell’Ue”. La Commissione europea, scrive l’Ansa, “invierà una lettera di chiarimento all’ex commissaria alla competizione. “Stiamo raccogliendo informazioni, non siamo il tipo di organizzazione che arriva alle conclusioni senza prove”, ha detto un portavoce della Commissione Ue.

“Non abbiamo e non creeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali. Chiediamo invece al pubblico di giudicarci in base a ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e cosa faremo negli anni a venire”, ha detto Uber in una dichiarazione riportata dal Guardian.

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