Strage di Erba, cosa accadde 16 anni fa? E perché si parla di riaprire il processo?

Sono trascorsi più di 16 anni dall’11 dicembre 2006, il giorno in cui si verificò la strage di Erba, uno degli omicidi plurimi più efferati degli ultimi decenni. Quattro persone persero la vita, assassinate a colpi di coltello e spranga: Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk (di appena due anni), Paola Galli (la nonna del piccolo) e Valeria Cherubini, una vicina di casa. Il marito di quest’ultima, Mario Frigerio, fu gravemente ferito dagli autori della strage e si salvò solo grazie a una malformazione congenita alla carotide che gli impedì di morire dissanguato.

Rosa Bazzi
Rosa Bazzi – Foto | Ansa

Nel corso del tempo vari interrogativi su quanto avvenuto a Erba, piccolo comune della provincia di Como, hanno trovato una risposta in tribunale e i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi sono stati individuati come responsabili degli omicidi e condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Como, sentenza confermata il 20 aprile 2010 dalla Corte d’assise d’appello di Milano e il 3 maggio 2011 dalla Corte suprema di cassazione, che ha rigettato i ricorsi proposti. A distanza di quasi 12 anni, la conclusione della vicenda legale sta venendo messa in discussione da Cuno Tarfusser, il sostituto procuratore generale di Milano, che ha chiesto di riaprire il caso.

Strage di Erba: la ricostruzione degli eventi

Dopo aver ucciso Castagna, Marzouk e Galli e ferito gravemente Cherubini e Frigerio, l’11 dicembre 2006 i colpevoli diedero fuoco all’appartamento nel quale era avvenuta la strage. Il fumo attirò l’attenzione di due vicini di casa, uno dei quali pompiere volontario, che accorsero per verificare la situazione. Riuscirono a portare in salvo Frigerio, che altrimenti sarebbe morto a causa del monossido di carbonio, ma non poterono fare nulla per sua moglie, bloccata dalle fiamme al piano superiore dell’appartamento. Gli uomini portarono fuori dall’appartamento il cadavere di Castagna e spensero le fiamme che lo avvolgevano, permettendo così alle forze dell’ordine di indentificarlo. Le ricostruzioni effettuate indicano che la trentenne, che lavorava come impiegata part-time in una comunità di assistenza a persone disabili, perse la vita dopo essere stata colpita ripetutamente alla testa con una spranga, accoltellata 12 volte e sgozzata. Anche la sessantenne Paola Galli riportò delle ferite simili e morì a causa delle lesioni alla testa. Il piccolo Youssef, invece, morì dissanguato sul divano in seguito a un unico colpo alla gola che gli recise la carotide.

In un primo momento le indagini si concentrarono su Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre di Youssef, che in passato era stato arrestato per spaccio di droga. Ma al momento dei fatti l’uomo era in Tunisia e gli inquirenti non ci misero molto a confermare la validità del suo alibi. I sospetti, allora, si spostarono su due vicini di casa che si erano fatti notare per le loro reazioni anomale alla strage: Olindo Romano e Rosa Bazzi.

L’alibi traballante di Olindo e Rosa

Mentre tutti i vicini di casa delle vittime si rivolgevano alle forze dell’ordine per ricevere delle rassicurazioni, Romano e Bazzi si dimostrarono fin troppo tranquilli e disinteressati. Inoltre, cercarono subito di dimostrare la propria estraneità ai fatti mostrando ai carabinieri uno scontrino del McDonald’s (risalente, tra l’altro, a due ore dopo all’omicidio plurimo). Per quanto riguarda il possibile movente, in passato i due coniugi avevano più volte discusso con Raffaella Castagna, arrivando persino ad avere dei contenziosi legali con lei. Sembra, inoltre, che nei giorni precedenti alla strage l’avessero pedinata. A rendere Romano e Bazzi ancora più sospetti c’erano le ferite che presentavano sul corpo: mentre Olindo aveva una ecchimosi alla mano e una all’avambraccio, Rosa aveva una ferita sanguinante a un dito. Tutti questi elementi indussero gli inquirenti a sequestrare alcuni dei loro indumenti e a metterne sotto controllo abitazione e automobile.

Romano e Bazzi
Romano e Bazzi – Foto | Ansa

Dalle intercettazioni ambientali emerse un inspiegabile disinteresse nei confronti della strage di Erba, che in quei giorni era sulla bocca di quasi tutti gli italiani. Il 26 dicembre, 15 giorni dopo gli omicidi, gli inquirenti disposero degli accertamenti tecnici sull’automobile di Romano e Bazzi, durante i quali fu individuata una traccia ematica corrispondente al DNA di Valeria Cherubini. L’8 gennaio 2007 i coniugi vennero fermati e il giorno successivo avvenne il loro arresto al termine di un lungo interrogatorio.

I processi

Il 10 gennaio, Romano e Bazzi comparvero separatamente davanti ai magistrati ed entrambi si assunsero la piena colpa della strage. Nel corso dell’udienza preliminare del 10 ottobre, svolta davanti al Gup, i due coniugi ritirarono la confessione, dichiarando entrambi di essere innocenti. Due giorni dopo, entrambi furono rinviati a giudizio. La prima udienza si svolse il 29 gennaio 2008 in un clima surreale: Romano e Bazzi passarono tutto il tempo a scambiarsi effusioni e ridacchiare tra loro, anche durante la proiezione in aula delle fotografie del cadavere di Youssef. Il 18 febbraio, invece, Olindo accusò i carabinieri di avergli fatto il lavaggio del cervello per indurlo a confessare. Vari vicini di casa testimoniarono davanti alla corte, confermando il rapporto problematico che si era venuto a creare nel corso degli anni con i coniugi Romano, che avevano creato un vero e proprio clima di terrore. La difesa tentò di sostenere l’ipotesi della presenza di un estraneo nell’appartamento di Castagna, senza però riuscire a dimostrarla in alcun modo. Mario Frigerio testimoniò più volte in qualità di unico testimone oculare della strage. Il 26 novembre 2008, la Corte d’assise pronunciò la sentenza di primo grado, condannando all’ergastolo i coniugi Romano con l’isolamento diurno per tre anni. Il verdetto, inoltre, stabilì come risarcimento una quota di 500mila euro per i Frigerio, 60mila per Azouz Marzouk e 20mila per i suoi genitori residenti in Tunisia.

La condanna fu confermata il 20 aprile 2010 dalla Corte d’assise d’appello di Milano. Il 3 maggio 2011, la Corte suprema di cassazione rigettò due ricorsi proposti, uno dei quali articolato su 40 motivi di legittimità.

Strage di Erba, il caso potrebbe essere riaperto?

Il 12 aprile 2023, Cuno Tarfusser, il sostituto procuratore generale di Milano, ha depositato al procuratore generale Francesca Nanni e all’avvocato generale Lucilla Tontodonati una relazione con la richiesta di riaprire il caso sulla strage di Erba. Tarfusser ha parlato di una richiesta sollevata “in tutta coscienza per amore di verità e di giustizia per l’insopportabile pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiamo scontando l’ergastolo”. Il documento presentato è stato redatto tenendo conto del lavoro svolto in questi anni dai difensori di Olindo e Rosa.

Nei prossimi giorni, anche i legali dei coniugi Romano presenteranno la loro istanza di revisione del processo a Brescia. “Noi da qui a breve presenteremo la nostra richiesta, al di là di quella della magistratura. Faremo la nostra istanza e se la Procura generale ne presenterà un’altra, ben venga”, ha dichiarato all’Ansa Fabio Schembi, legale della coppia insieme a Nico D’Ascolta, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello.

Ora la richiesta presentata da Tarfusser dovrà essere vagliata da Francesca Nanni e da Lucilla Tontodonati.

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