Sting, guai per un bicchiere di rosso:
i duchi del Chianti si infuriano

L’Italia è sempre felice quando si tratta di accogliere celebrità internazionali che la scelgono per la proprie ferie, per viaggi culturali, turismo, in certi casi addirittura le proprie nozze. Ma attenzione a sgarrare sui nostri cavalli da battaglia. A partire, come la nostra tradizione impone, da cultura, cibo e vino. E a scoprirlo a sue spese è stato in questi giorni nientemeno che Sting.

Sting, l’amore per l’Italia e la “disavventura” in Toscana

Il leggendario cantautore e polistrumentista britannico da molti anni frequenta abitualmente l’Italia, dove si è concesso acquisti e investimenti. Tra cui la villa “Il Palagio” in Toscana, di cui rilevò la proprietà oltre vent’anni fa. Ma un suo resoconto di quell’affare, in un’intervista concessa al settimanale del ‘Corriere della Sera’, ‘7’, ha scatenato un autentico putiferio. A causa di un bicchiere di vino rosso.

L’ex proprietario, il duca Simone Vincenzo Velluti Zati di San Clemente, ci offrì un bicchiere di rosso da una caraffa durante la nostra visita a Il Palagio. Stavamo trattando l’acquisto, la proprietà ci piaceva molto anche se era quasi in rovina. Il duca mi chiese se volessi assaggiare del vino della tenuta e io dissi di sì. Era un vino ottimo quindi mi convinse a comprare anche le vigne. Poi abbiamo capito che il duca ci aveva servito un Barolo e non un vino locale“, ha raccontato Sting.

Quel Barolo al posto del Chianti: la replica dei duchi

Apriti cielo. Soprattutto quando Sting ha aggiunto che in realtà il vino della tenuta era pressoché imbevibile (“Qualcuno vuotava il bicchiere nelle aiuole“). “Così abbiamo deciso di ‘vendicarci’ e di dimostrare che era possibile produrre del vino ottimo anche dai vigneti del Palagio. Tutta questa nostra avventura toscana in realtà è un modo per vendicarci“. Una ricostruzione che, inevitabilmente, i proprietari originari non hanno gradito nemmeno un po’.

Calunnia velenosa e completamente falsa – si è infatti lamentato il figlio del duca, Simone Vincenzo, in una lettera aperta al ‘Fatto Quotidiano’. Mio padre, Simone di San Clemente, avrebbe con un trucco da osteria spacciato del barolo per del vino prodotto in fattoria. Niente di più alieno dal carattere, dalle abitudini, dai comportamenti, dallo spirito di mio padre. Comportarsi da oste truffaldino, e diciamolo pure, anche un po’ cretino. Senza considerare che un signore navigato come Sting, all’epoca 46enne, non dovrebbe confondere barolo con chianti. Vale a dire nebbiolo con sangiovese“.

Sting risponde: “Ero ironico, chiedo profondamente scusa”

Polemica vera? No, un semplice equivoco. Questo ha provato a spiegare lo stesso Sting, che a propria volta ha voluto chiarire le sue dichiarazioni in un’ulteriore lettera, stavolta pubblicata dal ‘Corriere della Sera’. “Gentilissimo Simone Francesco Velluti Zati di San Clemente – vi si legge –. Lei ha ragione e Le devo quindi le mie più profonde scuse. L’aneddoto, come riferito, era irrispettoso alla memoria del Suo illustre padre e, per questo, porgo le mie più sincere e inequivocabili scuse“.

Suo padre era un uomo onesto, che non mi ha mai ingannato. L’intenzione dell’aneddoto era fornire un commento ironico sulle mie ingenue ipotesi, sulla mia inesperienza e sul fatto imbarazzante che 25 anni fa non riuscivo a distinguere un Barolo da una saponetta. Dovrei essere ormai consapevole che l’ironia viene più difficilmente percepita nei testi scritti. Tuttavia riconosco e accetto che ciò ha causato grande stress a Lei e alla Sua famiglia e per questo sono sinceramente dispiaciuto. Può essere certo che non accadrà di nuovo“, ha concluso Sting. Ma non è detto che il caso sia realmente chiuso.

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