Protesta dei trattori in Toscana, la marcia verso Roma è iniziata

Stamattina il presidio degli agricoltori toscani si è messo in moto verso Roma. La protesta ha raggiunto la capitale con circa 300 trattori incolonnati sulla Cassia. Da Foiano della Chiana si sono mossi 75 mezzi dalla rotonda dove nei giorni scorsi hanno interrotto il traffico. Oggi è stato solo il primo giorno del corteo toscano, che si concluderà giovedì 8 febbraio raggiungendo un migliaio di trattori diretti a Roma nord.

Protesta trattori in Toscana, gli agricoltori: “Se moriamo noi, muoiono tutti”

Parando ai nostri microfoni, l’agricoltore Luca da Siena ha spiegato che “durante il percorso arriveranno altri trattori. Le spese ormai superano il guadagno“. Marco della Valdichiana, invece, ha lanciato un monito: “Se moriamo noi, la gente comune ne risentirà, non ci sarà più la qualità delle materie prime. Vogliamo vivere del nostro lavoro, non di elemosina“.

Protesta trattori in Toscana, Fais: “Siamo stati illusi e abbandonati dall’associazione”

Anche Salvatore Fais,  coordinatore della protesta “Riscatto agricolo”, ha rilasciato una dichiarazione: “Si va a Roma, grande sacrificio, ma finalmente si parte. Deve essere un insegnamento per l’associazione. In questi anni dovevano tutelarci, invece ci hanno abbandonato. Sembrerebbe che si aprirà un tavolo col ministero a metà settimana. Vedremo. Ora partiamo verso la Capitale, faremo tutta la Cassia, ci vorranno circa 8 ore. Staremo fermi in presidio fisso fino a giovedì e poi venerdì corteo dentro Roma”.

Eusebi: “Con la nuova Pac perderemo il 20% dei terreni”

Per Corrado Eusebi, agricoltore della Val d’Arbia, la maggior parte dei problemi affrontati dagli agricoltori sono riconducibili alla Politica agricola comune (Pac). “Noi coltiviamo il cereale, il mercato più povero che c’è in agricoltura. A fronte di un investimento elevato, abbiamo un ricavato modesto. Quest’anno abbiamo perso 200-300 euro per ettaro. È un problema serio. Andare a Roma con il trattore non è una scampagnata. È molto impegnativo. Lasciamo tutte le aziende in balìa degli eventi e già questo ci fa male al cuore. Oggi dobbiamo rinunciare al 4% del terreno, con la nuova riforma della Pac si parla del 20%. Su un’azienda di 100 ettari, 20 ettari incolti sono tantissimi. E su quelli dobbiamo pagare mutui, affitti. Diventa problematico e già lo è“.

 

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