Migranti, rivolta in un centro d’accoglienza ad Agrigento

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Circa 65 migranti, per lo più tunisini, hanno dato vita a una rivolta ad Agrigento, nel centro di accoglienza di viale Cannatello al Villaggio Mosè, lanciando contro le forze dell’ordine estintori, reti dei letti, parti di finestre mandate in frantumi, pietre e altri oggetti di ogni genere. È divampato anche un incendio dopo che i migranti hanno dato fuoco ai materassi tentando di lanciarli addosso agli agenti. Alcuni sono riusciti ad allontanarsi dal centro dove erano sottoposti alla quarantena.

Il commento del sindacato della Polizia sulla rivolta dei migranti ad Agrigento

“Questa notte si è verificata l’ennesima rivolta di migranti, ad Agrigento, dove gli ospiti del centro di accoglienza di viale Cannatello al Villaggio Mosè hanno appiccato un incendio, aggredito i poliziotti con un lancio di oggetti di ogni genere ferendone tre, prima di allontanarsi nonostante fossero in quarantena. Queste vicende si verificano con una frequenza allarmante, ma invece sono ormai vissute come fossero normali, e questo è inaccettabile”. Così Valter Mazzetti, Segretario Generale della Federazione sindacale della Polizia di Stato, dopo il caos scoppiato nella notte, ad Agrigento, presso il centro di accoglienza di viale Cannatello al Villaggio Mosè.

“La situazione attuale in tante zone del territorio italiano dovrebbe costringere a rivedere completamente i sistemi di sorveglianza in queste strutture che sono bombe ad orologeria sul piano anzitutto sanitario considerata l’emergenza Coronavirus, ma anche sociale e dell’ordine e sicurezza pubblica. Ciò che più ci preme è l’apparente assoluta indifferenza per le condizioni di lavoro in cui operano le forze dell’ordine in questo settore, abbandonate completamente a rischi elevatissimi senza che si riesca a nascondere che la problematica della gestione dei migranti, aggravata enormemente dall’emergenza Covid 19, viene scaricata totalmente sulle loro spalle. La politica dell’immigrazione compete a chi ci governa, ma non è ammissibile fingere di poterla sostenere a prezzo della salute degli operatori in divisa”.

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