La raccolta dei pomodori è in crisi

A cinque giorni dall’avvio della campagna di raccolta dei pomodori da industria, sono scontenti tutti. I produttori agricoli vedono vanificati gli aumenti di prezzo strappati alle industrie di trasformazione dopo lunghe e tesissime trattative (108,5 euro a tonnellata). Ma si lamentano gli industriali che per colpa della siccità e del troppo caldo temono di avere un prodotto di minore qualità e sicuramente insufficiente per mantenere i livelli produttivi dello scorso anno (6 milioni di tonnellate, 3,7 miliardi di euro di giro d’affari, di cui 2 di export). Poi a cascata la sorpresa peggiore sarà per i consumatori che dovranno pagare almeno un 10-15% in più per passate e pelati.

“Abbiamo speso di più producendo meno”, afferma Massimo Passanti, presidente della Federazione nazionale pomodoro da industria di Confagricoltura. “L’aumento di prezzo del 18% concordato a febbraio, ce lo siamo in pratica già mangiato a causa dei costi di produzione saliti alle stelle, per energia e fertilizzanti. La siccità ci ha costretto ad irrigare facendo aumentare i consumi. Le rese sono diminuite del 10% e abbiamo calcolato un 5-8% di scarto in più dovuti a difetti di colorazione, proprio a causa del caldo e della mancanza di acqua. Lo scorso anno avevamo avuto un raccolto d’oro e quest’anno non si presenta così. I pomodori, come tutte le solanacee, prediligono il caldo, ma a tutto c’è un limite”.

I numeri preoccupanti dei pomodori per l’Italia

Ancora più preoccupanti le stime di Cia-Agricoltori italiani che teme cali di produzione fino al 30% per i pomodori tardivi, attesi per settembre. Il pomodoro per passate, pelati e concentrati è coltivato su circa 70 mila ettari in tutta Italia (Emilia, Lombardia, Campania e Puglia sono le principali regioni) da 6.500 imprese agricole. Meno di un centinaio le industrie di trasformazione, 10 mila gli addetti. L’Italia nel 2021 ha prodotto il 15% del raccolto mondiale, è seconda al mondo dopo la California, prima in Europa. A mancare quest’anno non è solo l’acqua, ma anche la manodopera. L’ipotesi di aumenti del costo delle conserve del 10-15% è perfino ottimistica.

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