“Io, in carcere 915 giorni in Egitto senza mascherine e vaccino”

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“Sono stato in carcere 915 giorni senza accuse formali e un processo, ufficialmente per interrogarmi. Un interrogatorio che è durato 45 minuti nel corso del quale mi hanno chiesto solo quale fosse la mia opinione politica. Sono stato colpevolizzato di un cocktail di accuse lanciate contro chi difende i diritti umani e gli egiziani normali, solo per evitare che esprimano la loro opinione”. Così l’attivista politico egiziano-palestinese ed ex detenuto del carcere di Tora, in Egitto, Ramy Shaath.

“La pandemia non è stata gestita. L’unica misura presa è stata quella di non far venire le nostre famiglie a trovarci per sei mesi, niente mascherine e niente vaccini. Quindi, invece di aiutarci ci hanno puniti –– ha aggiunto -. Le autorità egiziane sono responsabili di molti episodi, penso a Regeni, dove sono stati individuati i responsabili. Questa responsabilità va concretizzata con una condizionalità: basta armi all’Egitto“.

Egitto, Céline Shaath: “Svegliarmi senza mio marito è stata dura”

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“Ho lottato per due anni e mezzo. Svegliarmi ogni giorno senza mio marito è stato difficile ma il supporto delle varie organizzazioni mondiali mi ha permesso di andare avanti”. Lo ha detto la moglie di Ramy Shaath, Céline Lebrun Shaath, parlando del periodo di carcerazione del marito in Egitto. “Oggi ci sono relazioni forti tra Egitto, Italia e Francia e i nostri governi attraverso il raggiungimento dei piccoli successi, come la liberazione di Rami, cercano di farci dimenticare le altre attività di cooperazione esistenti tra i Paesi”.

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“La nostra responsabilità è quella di fare pressione ai governi per portare avanti un reale cambiamento e per la democrazia -– ha concluso -. Chiedo ai media di parlare dell’Egitto perché fra sei mesi ci sarà la Cop26 nel Paese. Molti cittadini protesteranno per le loro condizioni, ma cosa gli succederà? Quindi, bisogna accendere i riflettori da subito per proteggerli.

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