Emanuela Orlandi, dalla scomparsa nel 1983 alla riapertura delle indagini: cosa sappiamo?

Tra i misteri irrisolti della cronaca italiana, quello della scomparsa di Emanuela Orlandi è uno dei più emblematici. Sparita a Roma verso le 19 del 22 giugno 1983, quando aveva solo 15 anni, la ragazza non è più stata trovata, proprio come la coetanea Mirella Gregori, vista l’ultima volta il 7 maggio 1983. Figlia di un dipendente del Vaticano, Orlandi frequentava i corsi di pianoforte, flauto traverso, canto corale e solfeggio presso l’Accademia di Musica Tommaso Ludovico da Victoria, in piazza Sant’Apollinaire. La sua scomparsa avvenne al termine di una tipica giornata dedicata allo studio della musica, contraddistinta da un solo evento inusuale: l’incontro con un uomo che le propose un lavoro di volantinaggio per la Avon Cosmetics.

Emanuela parlò della proposta con la sorella Federica, che al telefono le sconsigliò di accettare, e con due compagne del corso di canto, Raffaella Monzi e Maria Grazia Casini, con le quali camminò fino alla fermata dell’autobus. Anche loro la misero in guardia nei confronti dell’offerta che aveva ricevuto. Le loro strade si separarono quando Emanuela si rifiutò di salire sull’autobus, troppo pieno, e disse che avrebbe aspettato il successivo. Da allora nessuno la vide più.

Scomparsa Orlandi, tra depistaggi e presunti intrighi internazionali

In seguito alla scomparsa, il volto di Emanuela Orlandi comparve su una miriade di volantini che tappezzarono Roma. Il mistero della sua sparizione attirò l’attenzione dei cosiddetti “telefonisti”, perlopiù sciacalli e depistatori le cui dichiarazioni non portarono alcun contributo utile alle indagini. Uno di loro, che la stampa battezzò “l’americano” per il suo particolare modo di esprimersi, affermò di essere in combutta con Pierluigi e Mario, due uomini che avevano telefonato alla famiglia Orlandi prima di lui, e di aver rapito Emanuela. Per dare maggiore credibilità alle sue parole, forni delle cassette nelle quali si sentiva una voce femminile, che avrebbe potuto corrispondere a quella della quindicenne.

“L’americano” avrebbe chiamato per conto dell’organizzazione terroristica Lupi Grigi, della quale faceva parte Mehmet Alì Agca, l’uomo che tentò di uccidere Papa Giovanni Paolo II.

Mehmet Ali Ağca
Foto di repertorio di Mehmet Ali Ağca (Pubblico Dominio)

Si arrivò all’ipotesi di un possibile scambio: Emanuela sarebbe stata liberata in seguito alla scarcerazione dell’attentatore turco. Tuttavia le autorità giudicarono sempre poco accreditata questa pista, persino quando fecero la loro comparsa dei comunicati nei quali i Lupi Grigi affermavano di custodire sia Orlandi che Gregori. Il tempo diede ragione agli inquirenti: negli anni successivi, infatti, si scoprì che tutta la storia dello scambio Emanuela-Agca era stata inventata dai servizi segreti tedesco-orientali (Stasi) per spostare i sospetti dalla Bulgaria alla Turchia. O perlomeno questo è quanto ha raccontato Gunther Bohsnack, ex funzionario della Stasi, nel 2008.

Il possibile legame con la Banda della Magliana

L’assenza di elementi concreti portò le autorità a chiudere la prima inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi nel luglio del 1997. A riportare l’attenzione sul caso fu una puntata del programma “Chi l’ha visto?” nel corso della quale arrivò una telefonata di un anonimo che invitò a controllare chi era sepolto nella basilica di Sant’Apollinaire. La salma era quella di Enrico De Pedis, soprannominato Renatino, uno dei boss della famigerata Banda della Magliana, ucciso nel febbraio del 1990.

I membri della Banda della Magliana
Foto di pubblico dominio

Il presunto legame tra la scomparsa di Emanuela e l’attività della Banda della Magliana divenne più stretto nel 2008, quando Sabrina Minardi, che per qualche anno era stata amante di De Pedis, rivelò agli agenti che Orlandi era stata uccisa dopo essere tenuta prigioniera in una casa vicino a piazza San Giovanni di Dio e che il suo corpo era stato gettato in una betoniera a Torvaianica. Purtroppo neppure seguire questa pista permise alle forze dell’ordine di ottenere delle prove concrete sul caso.

Neppure dall’apertura della tomba in cui era sepolto De Pedis, avvenuta nel maggio del 2012, emersero delle tracce utili. Il cadavere dell’uomo venne identificato in modo ufficiale, fugando alcuni dubbi, ma dall’esame dei reperti ossei trovati all’interno della cripta non emerse altro di utile.

La famiglia Orlandi e la richiesta di interrogare Agca

Nel 2014, Alì Agca si presentò a sorpresa in Piazza San Pietro per lasciare dei fiori sulla tomba di Giovanni Paolo II. La famiglia Orlandi provò ad approfittare della situazione per ottenere delle risposte e presentò un’istanza alla magistratura per chiedere che l’ex terrorista venisse interrogato. Questa speranza sfumò presto. La richiesta della famiglia fu respinta, in quanto Agca era giudicato inattendibile a causa delle dichiarazioni che aveva fatto in passato sul caso Orlandi, rivelatesi sempre infondate. In assenza di “elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati” la procura ottenne l’archiviazione del caso.

Nel marzo del 2019, il legale della famiglia Orlandi presentò un’istanza al cardinale Pietro Parolin, il Segretario di Stato del Varicano, per avere informazioni su una tomba del cimitero teutonico all’interno della Santa Sede, nella quale si ipotizzava che potesse essere sepolta Emanuela. Il Vaticano dispose l’apertura della tomba nel luglio dello stesso anno, tuttavia le verifiche sui reperti trovati non aiutarono a fare luce sul caso. I frammenti più recenti, infatti, risalivano a un secolo prima.

La riapertura delle indagini

La scomparsa di Emanuela Orlandi sembrava destinata a cadere nell’oblio, ma gennaio 2023 il Promotore di Giustizia del vaticano ha deciso di aprire un fascicolo sul caso, “anche sulla base delle richieste fatte dalla famiglia in varie sedi”. Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, ha espresso soddisfazione per questa scelta. “Da tantissimi anni chiediamo collaborazione per arrivare a una soluzione finale. Che vengano aperte le indagini è una cosa molto positiva”. La verità su quanto successo non è diventata più facile da trovare, ma perlomeno si è riaccesa la volontà di continuare a cercarla.

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