Trump vuole la nazionalizzazione delle reti 5G? L’America si divide

Donald Trump che sostiene il 5G, e le nazionalizzazioni. Il tutto in un’unica e sola decisione. Anche questo capita di vedere in un 2020 che non smette di presentare sorprese. Ultima in ordine di tempo quella di vedere uno dei simboli del liberismo mondiale propugnare l’intervento dello Stato in una delle iniziative commerciali e tecnologiche più innovative e discusse del momento.

Nazionalizzare il 5G negli Usa: un’idea non nuova

La ragione alla base di questa iniziativa così poco abituale per chi conosce la politica e le idee di Trump è sempre la solita: arginare la Cina. Un’idea non nuova, dato che già nel 2018 se n’era parlato per la prima volta nella Casa Bianca. All’epoca circolò un documento tecnico che proponeva un consorzio affidato ai big del settore (AT&T, Verizon, T-Mobile) o addirittura una soluzione più radicale. La nazionalizzazione secca della nuova rete 5G, con lo sviluppo affidato in toto allo Stato.

Nel frattempo però l’ipotesi è tornata in auge, anche grazie alla proposta di Larry Kudlow, consigliere economico di Trump. L’idea è quella di creare un software sì aperto agli sviluppatori di ogni impresa statunitense, ma con standard univoci stabiliti dallo Stato federale. E addirittura si parla di una rete 5G costruita dai militari statunitensi e di uno scudo contro le interferenze elettroniche studiato dal Cyber Command. Addirittura l’Air Force si occuperebbe di mettere a punto un software per contrastare le fake news.

Le critiche bipartisan verso l’idea di Trump

Inevitabilmente questo ventaglio di proposte sulla rete 5G a stelle e strisce è stato accolto tutt’altro che bene da alcune anime dello stesso governo statunitense a guida repubblicana. Si tratta pur sempre di una radicale nazionalizzazione dell’infrastruttura tecnologica più all’avanguardia del Paese, in una nazione che da sempre si basa sul capitalismo. Bill Barr, ministro della Giustizia ed ex dirigente Verizon ha bollato l’idea di Trump con una definizione che è tutta un programma: “Si tratta di una torta sparata in cielo con un cannone“. Molto negativo anche il ministro della Difesa, Mark Esper.

Le critiche sono peraltro bipartisan. Se i giudizi più scettici arrivano prevedibilmente dai Repubblicani, si registrano i no anche da parte dei membri democratici della Fcc (agenzia federale per le comunicazioni). Mark Meadows, capo di gabinetto di Trump, però insiste. A suo giudizio è necessario che sia l’esercito a creare la rete nazionale 5G, magari con l’ausilio di una società privata con concessione federale. L’impressione degli analisti politici d’oltreoceano, tuttavia, è che questa possa essere una delle primissime decisioni dell’attuale Presidente a decadere in caso di vittoria elettorale di Joe Biden. Anche se, per esempio, ‘Axios’ ritiene che il tutto verrà portato a compimento in ogni caso.

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