Fase 2, quando torneranno i concerti?

Mentre i piani per le riaperture previste tra maggio e giugno, in vista dell’aggiornamento della Fase 2 coinvolgono sempre più categorie, non ci sono ancora date o programmi concreti per quanto riguarda i concerti. Dopo più di due mesi e mezzo dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus in Italia, uno dei settori il cui futuro rimane più incerto è quello della musica dal vivo, che dà lavoro a decine di migliaia di persone che, nella maggior parte dei casi, hanno visto i propri introiti ridursi a zero o quasi. Nonostante negli ultimi giorni siano circolate alcune bozze che ipotizzavano la possibilità di eventi con affluenza molto ridotta e il rispetto delle misure di sicurezza, le previsioni sono tutt’altro che ottimiste e strettamente legate ai progressi globali nel contenimento, nella cura e soprattutto nella prevenzione del Coronavirus.

Ci sono però grossi dubbi sul fatto che una forma di distanziamento sia possibile per la musica dal vivo, almeno come la intendevamo fino a pochi mesi fa. I concerti nei teatri, o ancora meglio nelle arene all’aperto, ricominceranno con tempi e modalità analoghe a quelle dei teatri e dei cinema; i piani per consentirne la ripresa sono in fase più avanzata. Ma immaginare di garantire il distanziamento tra gli spettatori ai concerti più grandi, nei palazzetti, nei parchi, nelle arene o negli stadi, sembra difficile se non impossibile. Gli esperimenti nel Nord Europa di concerti, in questa Fase 2, a cui si assiste dalle automobili hanno lasciato perlopiù scettici gli addetti ai lavori, così come la possibilità di poter compensare significativamente la mancanza di spettacoli dal vivo con i concerti in streaming.

Il settore dei concerti è quindi costretto a livello globale a pensare a cosa fare nel frattempo. Molti eventi estivi hanno chiuso le vendite alle prime avvisaglie dell’epidemia. Uno di questi è il Mi Ami, uno dei più apprezzati festival di musica italiana, che si tiene ogni anno a fine maggio al Circolo Magnolia di Milano, che a marzo ha sospeso la biglietteria rinviando tutto a settembre.

Le perdite per il settore dei concerti saranno consistenti

Secondo Assomusica, alla fine della stagione estiva le perdite per il settore della musica dal vivo saranno di circa 350 milioni di euro, a cui si potrebbero aggiungere 600 milioni di euro di indotto legati ai concerti. Il problema è che i lavoratori della musica dal vivo sono in buona parte intermittenti, cioè lavorano a chiamata, con contratti riconducibili spesso a cooperative. Regolamentazioni diverse, la mancanza di una vera e coerente rappresentazione sindacale e anni di contratti con scarse tutele per i lavoratori hanno presentato un conto durissimo alle decine di migliaia di persone (oltre 200mila secondo alcune stime) che lavorano a intermittenza (e ciononostante stabilmente) per gli spettacoli dal vivo, come facchini, tecnici e in molti casi anche come musicisti.

Per queste migliaia e migliaia di persone sono stati due mesi durissimi: fermi da fine febbraio, in moltissimi casi sono reduci da settimane senza reddito. Le casse integrazione in deroga cominciano a essere attivate soltanto ora, dopo un periodo di grande confusione in cui tanti lavoratori intermittenti avevano chiesto il bonus da 600 euro dell’INPS, pur non avendone formalmente diritto. Successivamente un decreto interministeriale ha incluso gli intermittenti con almeno 30 giornate di lavoro nel 2020 tra i beneficiari del bonus. I rappresentanti dei lavoratori dello spettacolo chiedono che le forme di tutela tengano conto dei guadagni medi sui 12 mesi precedenti al lockdown, e non soltanto delle giornate di lavoro cancellate dall’inizio dell’epidemia.

L’evoluzione dipenderà anche da come gli spettatori vivranno questa Fase 2

A fine aprile, il sito Rockit ha pubblicato i risultati di un sondaggio a cui ha lavorato il conduttore radiofonico Carlo Pastore e a cui hanno risposto quindicimila persone che partecipano abitualmente ai concerti. Il 30% ha detto che si sentirà a proprio agio a tornare a un concerto non appena sarà possibile farlo, mentre il 32% soltanto quando sarà disponibile il vaccino. Il 40% degli intervistati ha poi detto di essere disposto ad andare a un concerto con la mascherina e rispettando le distanze di sicurezza, ma il 38% ha risposto di no. Sono risultati che confermano la difficoltà di fare previsioni per il settore dei concerti in questa lunga Fase 2 del Coronavirus.

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