Vaccino in azienda: “Il dipendente che lo rifiuta può essere licenziato”

La pandemia, oltre che scombussolare le nostre vite, costringe a esplorare i limiti concessi dalla legge. E, da questo punto di vista, importante è capire come riuscire mettere in atto una sorta di Green pass nei luoghi di lavoro e come eventualmente punire i ‘trasgressori’. Come affrontare il tema del vaccino in azienda? Insomma, la domanda di fondo è: davanti al rifiuto di vaccino e di sottoporsi al test, il datore di lavoro potrebbe avere il diritto di licenziare il dipendente? La MLaw (Master of Law) Clarissa David, dello studio Molo avvocati, ne è sicurissima: Sì”. Perché se le misure che si decide di adottare “sono proporzionali nel singolo caso, il rifiuto da parte del dipendente può portare a un licenziamento. Perché in questo modo il lavoratore viola gli obblighi derivanti dal suo rapporto di lavoro.

“È compito del datore di lavoro di proteggere i suoi diritti, la sua salute e di salvaguardare i suoi interessi”

Intervistata da Ticinonline, David ha approfondito il tema per conto di alcune aziende. L’idea è quella di creare un sistema interno di registrazione dove i dipendenti autocertificano: 1) di essere stati vaccinati, 2) di avere contratto il Covid-19 negli ultimi 6 mesi, 3) di aver effettuato il tampone negli ultimi 3 giorni 4) di usare una mascherina FFP2 dentro l’azienda. “Nel diritto del lavoro, la protezione della salute collettiva dei dipendenti prevale sul diritto del singolo a decidere e ad auto-determinarsi. Ma è necessario che il datore rispetti sempre il principio della proporzionalità”.

Il che significa che il datore di lavoro “non deve limitare in maniera eccessiva il diritto all’auto-determinazione del singolo. Ma ci deve essere un giusto equilibrio tra i vari interessi delle parti. In un rapporto di subordinazione, “il lavoratore rinuncia volontariamente, anche se in misura parziale, all’esercizio dei suoi diritti personali. Ma non perché sceglie di non farli valere, ma perché è compito del datore di lavoro di proteggere i suoi diritti, la sua salute e di salvaguardare i suoi interessi.

La questione del registro di un’azienda di chi si è sottoposto al vaccino

Ma, si diceva, del registro di un’azienda in cui inserire coloro che si sono sottoposto al vaccino. “Per legge, il datore di lavoro può raccogliere solo quei dati che riguardano l’idoneità lavorativa del lavoratore o che sono ritenuti necessari all’esecuzione del contratto di lavoro. Deve garantire anche la sicurezza di questi dati e informare il lavoratore sullo scopo di questo trattamento dei dati. Di principio, l’utilizzo di un certificato Covid-19 rispetta questi presupposti. Detto questo, il datore di lavoro “può introdurre un obbligo vaccinale solamente in casi molto eccezionali. È infatti considerato l’ultima ratio, che potrebbe giustificarsi per esempio per il personale sanitario o, ancora, nel caso in cui vi siano sul posto di lavoro dei colleghi che rientrano nella categoria delle persone a rischio”.

In definitiva “è possibile e auspicabile” che presto molte aziende obblighino i propri dipendenti a dichiarare le proprie scelte individuali in materia di autoprotezione dal virus. Tuttavia, è bene “che le aziende introducano per esempio dei test di massa regolari e che sensibilizzino i lavoratori sull’importanza del vaccino”.

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