Nuovi dati sull’origine del Covid: torna la pista animale

L’Organizzazione mondiale della sanità nei prossimi mesi potrebbe dichiarare la fine ufficiale dell’emergenza pandemica da Covid, ma l’origine del Sars-CoV-2 resta ancora oggi un mistero. Nuovi dettagli in merito arrivano da una nuova indagine che farebbe tornare sulla pista animale, escludendo l’ipotesi di una manipolazione e fuga del virus dai laboratori di ricerca cinesi.
Il nuovo studio, presentato martedì al Scientific Advisory Group for the Origins of Novel Pathogens (SAGO), il gruppo di esperti istituito lo scorso anno dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), indica che ci sarebbero nuove prove scientifiche sul fatto che la pandemia sia nata da animali selvatici. L’analisi avrebbe raccolto dati genetici dal mercato di Wuhan che permetterebbero di fare un collegamento, in particolare, con i cani-procione in vendita illegalmente al mercato di Huanan, a Wuhan.

Microscopio
Foto di Pixabay | Konstantin Kolosov

Lo studio nel dettaglio

Nello specifico, lo studio è partito dall’analisi di nuovi campioni, in precedenza non disponibili, raccolti dalle bancarelle del mercato cinese, che fornirebbero prove genetiche della presenza del virus negli animali che erano in vendita. La scorsa settimana, infatti, su Gisaid, il più importante database che raccoglie i dati genetici di Sars-CoV-2, sono apparse alcune sequenze genetiche provenienti dai rilievi effettuati al mercato di Huanan nelle primissime fasi della pandemia. Tre ricercatori Kristian Andersen, Edward Holmes e Michael Worobey le hanno scaricate e analizzate.

Rappresentazione del coronavirus Sars-CoV-2
Pandemia | Pixabay @PIRO4D

Oms contro Cina: “Dati nascosti per anni”

I risultati dell’analisi sono stati ripresi anche dall’Organizzazione mondiale della sanità, che, in una nota, ha accusato la Cina di aver tenuto nascosti questi dati che potrebbero legare l’origine del coronavirus ai cani-procioni. La scoperta “fornisce potenziali indizi per identificare l’ospite intermedio di Sars-CoV-2 e potenziali fonti di infezioni umane sul mercato – ha riferito l’Oms -. Le analisi di questi dati suggeriscono che, oltre alle sequenze di Sars-CoV-2, alcuni campioni contenevano anche Dna umano, nonché Dna mitocondriale di diverse specie animali, comprese alcune note per essere suscettibili a Sars-CoV-2“. In particolare, “tra gli altri, Dna di cani-procioni selvatici, istrice malese e ratti del bambù“, ha aggiunto l’Organizzazione mondiale della sanità, spiegando che la scoperta è già stata al centro di un incontro tra il comitato Oms che sta indagando sull’origine del coronavirus (Scientific Advisory Group for Origins of Novel Pathogens), i Chinese Center for Disease Control and Prevention cinesi che hanno depositato le sequenze e i ricercatori che hanno fatto la scoperta.
Tra gli animali positivi, i maggiori sospetti, al momento sono indirizzati verso cani-procioni, anche se non è l’unico Dna animale riscontrato. La scoperta, inoltre, è avvalorata da foto d’archivio che mostrano che “cani procioni e altri animali sono stati venduti in quegli specifici stalli in passato“, ha precisato l’Oms.
Potrebbe dunque essere più vicina la ricostruzione dell’origine della pandemia.Anche se questo non fornisce prove conclusione sull’ospite intermedio o sull’origine del virus, questi dati finiscono evidenze della presenza di animali suscettibili al mercato che potrebbero essere stati la fonte delle infezioni umane“, ha concluso l’Oms.

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