Coronavirus: si studia algoritmo per capire a chi dare prima il vaccino

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Chi farà per primo il vaccino anti Coronavirus? A stabilirlo potrebbe essere un algoritmo capace di indicare nomi e cognomi dei più vulnerabili. A spiegare il sistema è Giovanni Corrao, statistico medico dell’Università Bicocca a capo del centro interuniversitario Healthcare research and pharmacoepidemiology.

Chi rischia più con il Coronavirus? Ecco il Progetto StrESS

Il Progetto StrESS utilizza le impronte lasciate da ciascuno di noi nel Servizio Sanitario Nazionale per individuare chi dovrebbe essere vaccinato con urgenza contro il Coronavirus. In sostanza il tutto funzionerà sulla base di dati sanitari pregressi: prescrizioni mediche, ricoveri, visite ambulatoriali, esenzioni da malattie, accessi al Pronto soccorso.

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Il professor Corrao, peraltro, non gira intorno a una possibilità tanto temuta quanto attesa da molti: quella che prevede il possibile arrivo, in Lombardia come altrove, di una terza ondata. “Mi piace molto la metafora della trincea. Ricorda la prima guerra mondiale che si è combattuta in trincea con i soldati che dovevano impedire al nemico di avanzare. Una metafora che funziona molto bene con l’attuale nemico che è il Coronavirus“, sottolinea.

L’unica arma contro la terza ondata? “Il vaccino”

Un sistema certo per contrastare la pandemia, purtroppo, non esiste. “Al momento possiamo solo difenderci, non avendo strumenti alternativi – aggiunge Corrao –. Non è la media dei comportamenti di ognuno di noi che determina la diffusione del Coronavirus. Ma, così come succedeva in guerra se qualche soldato era distratto, il nemico può penetrare nel nostro organismo. Può farlo se gli individui hanno un comportamento distratto verso i presidi di difesa che ci sono stati consigliati“.

La certezza, quindi, è una soltanto. E Corrao parla chiaro: “Per combattere il Coronavirus l’unica arma concreta ed efficace di attacco che abbiamo è il vaccino. Se l’indice Rt dovesse risalire, dopo tutti gli sforzi fatti per farlo scendere, assisteremmo a una repentina risalita dei carichi sulle terapie intensive e dell’indice di mortalità. Dobbiamo evitarlo“.

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