Dl riaperture, le Regioni scrivono a Draghi. Rabbia sul coprifuoco

Non si placa la rabbia delle Regioni sul mancato ampliamento del coprifuoco. La scelta del premier Draghi di non portarlo almeno alle 23:00 non è andata giù a molti governatori, tra cui Luca Zaia e Massimiliano Fedriga. In seguito al suo ultimo vertice, la Conferenze delle Regioni e delle Provincie autonome ha deciso di inviare una lettera al presidente del Consiglio per sottoporre alla sua attenzione alcune proposte prioritarie rispetto alle misure in via di adozione con il prossimo Decreto Legge. Tra queste non mancano il coprifuoco e la percentuale di presenze a scuola. Le Regioni, inoltre, si sono rese disponibili per un incontro urgente prima della pubblicazione del provvedimento.

La lettera della Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome

Nella lettera si legge che “le Regioni e le Province autonome prendono atto con amarezza delle decisioni emerse in Cdm in relazione al tema della percentuale minima per la didattica in presenza” per le scuole superiori, “in contrasto con le posizioni concordate in sede di incontro politico, alla presenza di cinque ministri, dei Presidenti di Regioni e Province autonome, Anci e Upi, nonché con le istruttorie condotte nell’ambito dei tavoli prefettizi. Un metodo che non ha privilegiato il raccordo tra le diverse competenze che la Costituzione riconosce ai diversi livelli di Governo”.

L’ampliamento del coprifuoco

Una delle principali richieste contenute nella lettera inviata a Mario Draghi è l’ampliamento del coprifuoco dalle 22 alle 23. “In ragione dell’approssimarsi della stagione estiva e in considerazione della riapertura delle attività sociali e culturali, si propone di valutare il differimento dell’interruzione delle attività e della mobilità dalle ore 22 alle ore 23”. Per le Regioni, inoltre, è “necessario consentire, nel rigoroso rispetto dei protocolli di sicurezza, l’effettuazione dei servizi di ristorazioni sia al chiuso che all’esterno, senza differenze di trattamento con riguardo agli orari di somministrazione (pranzo, cena). Una tale previsione rischia di discriminare gli esercizi che dispongono degli spazi esterni rispetto a coloro che non ne dispongono”.

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