Aldo Moro: sono passati 46 anni dal rapimento

Quarantasei anni fa il rapimento e dell’uccisione degli agenti della scorta di Aldo Moro. Lo ricordano la Premier e i ministri

Ricorre oggi, 16 marzo, l’anniversario della strage di via Fani: era il 1978 e un commando delle Brigate rosse rapì a Roma il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro uccidendo cinque uomini della sua scorta, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Raffaele Jozzino e Giuliano Rivera.

Il cadavere di Aldo Moro fu trovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa il 9 maggio 1978, 55 giorni dopo il suo sequestro. La polizia rinvenne il corpo del politico rannicchiato sotto una coperta, con undici proiettili nel cuore.

Il luogo dove fu lasciato era strategico: si trovava a 150 metri dalla sede del Partito comunista e a duecento da quella della Democrazia cristiana, il suo partito. Ancora oggi molti dubbi ed enigmi avvolgono l’omicidio più eccellente dell’Italia moderna.

Nel giorno della commemorazione, nel luogo dell’agguato alla Camilluccia, si tiene la cerimonia, con le autorità e la deposizione di una corona di fiori in onore ai caduti.

L’anniversario della strage di via Fani: i commenti di Piantedosi, Meloni e Salvini

“Fu un attacco al cuore della democrazia, una ferita che lasciò cicatrici profonde nella storia del Paese – dichiara nel giorno della commemorazione il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi -. L’Italia tutta ne fu segnata ma le solide fondamenta, su cui poggiano le nostre istituzioni democratiche, seppero resistere al peso della barbarie grazie alla forza di coesione che tutte le forze politiche e la società civile misero in campo per difendere i valori consacrati nella nostra Costituzione: è nostro dovere oggi ricordare e onorare coloro che, 46 anni fa, pagarono con la vita il folle disegno brigatista. A tutti i loro familiari va la mia commossa vicinanza”.

Il ritrovamento del corpo di Aldo Moro
Il ritrovamento del corpo di Aldo Moro – Wikimedia Commons – Newsby.it

 

Ricorda la strage su X anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino. Sono i nomi dei cinque agenti barbaramente assassinati dalle Brigate rosse il 16 marzo 1978 durante il vigliacco rapimento di Aldo Moro, anch’egli ritrovato senza vita il 9 maggio dello stesso anno”, scrive la premier. “Servitori dello Stato che hanno dato la vita per difendere la nostra democrazia, la nostra Repubblica e le sue istituzioni. A loro e a tutte le vittime di quella drammatica stagione della nostra storia, va il nostro commosso ricordo e la nostra profonda gratitudine. A noi tutti spetta il compito di ricordare e onorare il loro sacrificio, affinché quegli anni bui non tornino mai più”.

Pochi giorni fa, il 4 marzo, è morta a Roma l’ex terrorista Barbara Balzerani, ultima leader delle Br a finire in carcere nel 1985. Nata a Colleferro nel 1949, Balzerani nel 1975 aderì alle Br: non si pentì né si dissociò mai pur dichiarando un profondo rammarico “per quanti furono colpiti” dai terroristi. Nel 2006 le fu concessa la libertà condizionale. Balzerani prese parte a numerose azioni, compresa quella in via Fani.

Nel giorno della sua morte, Balzerani è stata ricordata dalla professoressa della Sapienza Donatella Di Cesare con parole che hanno suscitato indignazione, e la presa di distanza da parte dell’ateneo romano: “La tua rivoluzione è stata anche la mia”, si leggeva nel post, poi rimosso, della professoressa.

E così, nell’anniversario di via Fani, il vicepremier della Lega Matteo Salvini riprende il caso: “Quarantasei anni fa le Brigate rosse rapivano Aldo Moro, trucidando cinque uomini della scorta. Nel ricordo commosso di questi servitori dello Stato, è doveroso ribadire la necessità di difendere sempre le libertà e la democrazia contro ogni forma di terrorismo e violenza politica. È gravissimo che, ancora oggi e perfino nelle università, ci sia qualcuno che strizza l’occhio ai brigatisti”.

Fino a pochi anni fa si riteneva che l’autore materiale dell’assassinio di Aldo Moro fosse Prospero Gallinari, ma nell’ottobre 1993 Mario Moretti confessò di essere stato lui: “Non avrei permesso che lo facesse un altro”, affermò.

Altre circostanze addensarono il mistero: durante l’autopsia fu ritrovata della sabbia sui vestiti di Moro e anche qualche moneta nel suo portafogli. In ogni caso, in nessuno dei cinque processi celebrati contro i tredici brigatisti coinvolti fu possibile chiarire tutti i punti più oscuri dell’investigazione. Due brigatisti non furono mai catturati e su uno di questi ricadde il sospetto che potesse trattarsi di un infiltrato dei servizi segreti.

Nonostante i 13mila agenti di polizia mobilitati, le 40mila perquisizioni domiciliari e i 72mila blocchi stradali non sorprende che, nei quasi due mesi in cui si prolungò il sequestro di Aldo Moro, la polizia non abbia eseguito alcun arresto.

Non si sa neppure che fine abbia fatto la maggior parte degli scritti redatti dal presidente durante la sua prigionia. Alcuni vennero alla luce, seppure lentamente. Le accuse rivolte ai suoi compagni di partito erano molto dure: “Il mio sangue ricadrà su di loro”, scrisse.

Sua moglie, Eleonora, che non perdonò mai Giulio Andreotti, Francesco Cossiga e Benigno Zaccagnini (segretario della DC), non permise che si celebrasse un funerale di stato.

Durante l’angosciosa prigionia era riuscita a fare in modo che papa Paolo VI, amico personale di Moro, scrivesse una lettera alle Brigate rosse per chiedere che le rimettessero in libertà il marito.

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