Spagna, il Partito Popolare vince alle urne ma non ha la maggioranza

Il Partito Popolare spagnolo vince le elezioni ma non trionfa. Contro i pronostici, il PP guidato da Alberto Núñez Feijóo esce dal voto di ieri senza la maggioranza assoluta e difficilmente riuscirà a governare di fronte alla battuta d’arresto di Vox, il partito di estrema destra che quasi dimezza i propri seggi. Il Partito Socialista del primo ministro uscente Pedro Sánchez invece resiste migliorando il risultato ottenuto quattro anni fa. Dunque potrebbe toccare ancora al Psoe governare se riuscisse a formare una nuova alleanza forte dell’astensione di Junts, la coalizione guidata da Carles Puigdemont.

I risultati del voto: solo 14 seggi tra Popolari e Socialisti

La distanza tra le prime due formazioni del Paese è di soli 14 seggi. I Popolari hanno ottenuto 136 deputati, 47 in più rispetto a quattro anni fa quando il capogruppo era Pablo Casado. I Socialisti, dal canto loro, sono riusciti a ribaltare i sondaggi che li davano in crollo conquistando 122 seggi, due in più rispetto al 2019.

Il flop dell’estrema destra di Vox

Il PP torna a essere  la prima forza spagnola a spese del possibile alleato Vox. Un’operazione di cannibalizzazione ai danni di Santiago Abascal, il vero grande sconfitto di questo voto, che blocca le aspirazioni di Alberto Nunez Feijòo, che già si vedeva alla Moncloa.

Il crollo del partito sovranista, agli occhi di molti osservatori, appare come il dato più rilevante di questa tornata elettorale, soprattutto in ottica europea. In cinque anni Vox è passato da 51 a 33 seggi malgrado l’appoggio di tanti premier europei, a cominciare dalla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni. Una pesante battuta d’arresto per una forza che puntava a ripetere anche a Madrid i successi raggiunti dai partiti fratelli a Roma, in Finlandia, in Svezia, in Polonia e nella Repubblica Ceca.

Il PP prova a formare un governo

Malgrado i risultati ben al di sotto delle aspettative che nutriva da quando ha stravinto le elezioni comunali e regionali, ieri l’ex governatore galiziano ha comunque rivendicato il diritto di provarci: “Come candidato del partito più votato, credo che il mio dovere sia aprire il dialogo, guidare questo dialogo e cercare di governare il nostro Paese”, ha arringato i sostenitori evidentemente delusi. “Il nostro dovere è evitare un periodo di incertezza”, ha aggiunto, chiedendo “che nessuno abbia di nuovo la tentazione di bloccare la Spagna”. Ma la strada è tutta in salita.

Pedro Sanchez, leader del Partito Socialista, che tiene alle lezioni spagnole
Foto EPA/Kiko Huesca

I Socialisti cantano vittoria

Dall’altro lato della barricata i socialisti di Sanchez cantano vittoria per una rimonta che sembrava impossibile ma che invece lui ha creduto possibile fino all’ultimo. “La Spagna e tutti i suoi cittadini sono stati molto chiari: il blocco politico dell’involuzione, del ritorno al passato e dell’abrogazione di tutti i nostri passi avanti negli ultimi quattro anni ha fallito”, ha esultato in nottata. “Il blocco di Partito Popolare e Vox è uscito sconfitto, siamo molti di più noi che vogliamo avanzare”.

Il premier uscente si era giocato tutto nella scommessa di un voto anticipato in piena estate che aveva convocato in tutta fretta  pur di non farsi mettere sulla graticola dopo il risultato deludente delle ultime amministrative. Grazie anche all’aiuto di Sumar (la piattaforma progressista guidata da Yolanda Díaz ha guadagnato 31 seggi), il Psoe ha evitato che una forza dell’ultradestra con venature nostalgiche tornasse al governo per la prima volta dalla fine della dittatura franchista. Non a caso in nottata i militanti socialisti cantavano nella sede del partito uno slogan dell’enorme valore evocativo: “No pasaran”.

Dopo lo scampato pericolo, ora per il Psoe si apre una fase complicata. I tanti partiti locali – alcuni indeboliti,  altri rafforzati dal voto – hanno già annunciato che non daranno il loro appoggio a Sanchez tanto facilmente. A cominciare da Junts. Potrebbe essere proprio il partito radicale catalanista ad avere in mano i destini di un possibile nuovo governo.

Gli scenari che si aprono

Lo scenario politico che si apre adesso è molto incerto, come scrive El Mundo. Le due formazioni di destra mettono insieme 169 seggi (136 il Pp, 33 Vox), molto lontano dai 176 necessari per la tanto agognata maggioranza assoluta. Feijóo, facendo uno sforzo negoziale, potrebbe riuscire ad aggiungere altri due deputati al suo computo con il seggio conquistato dall’Unión del Pueblo Navarro e, con molto più impegno, quello conquistato dalla Coalición Canaria.

Una prospettiva, quest’ultima, che tuttavia pare improbabile dal momento che il partito nazionalista ha sempre dichiarato che non avrebbe sostenuto un governo con Vox. Il tandem della sinistra – Psoe e Sumar – insieme totalizza 153 deputati, due in meno rispetto a quelli che Psoe e Unidas Podemos hanno aggiunto in questa legislatura. Tuttavia, con l’intero ventaglio dei partiti del cosiddetto “blocco delle investiture Sánchez”, arriverebbe a 172 seggi, uno in più rispetto al blocco di destra.

Nel caso né Sanchez né Feijòo riuscissero nell’impresa di mettere insieme una nuova maggioranza, i spagnoli sarebbe chiamati di nuovo alle urne. Stavolta a Natale.

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