Partygate, Boris Johnson chiede scusa al Parlamento ma non si dimette

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“In primo luogo, voglio chiedere scusa. Mi dispiace per le cose che semplicemente non sono andate bene e mi dispiace per il modo in cui è stata gestita la questione. Capisco la rabbia delle persone”. Lo ha detto il premier britannico Boris Johnson riferendo alla Camera dei Comuni sul rapporto Gray relativo allo scandalo partygate. Il primo ministro conservatore ha affermato di aver capito la lezione e sottolineato che “cambieremo il modo in cui è gestito Downing Street.

Johnson ha riscontrato comportamenti “difficili da giustificare” nel rapporto Gray sul partygate, pubblicato in una versione ridotta. Si tratta infatti di 12 pagine in cui si sottolineano fallimenti di leadership e di giudizio “da parte del n.10 di Downing Street e del Cabinet Office in merito alle feste tenute in presunta violazione delle normative anti Covid. Inoltre alcuni eventi non dovevano essere autorizzati o svolgersi nel modo in cui è successo.

Partygate, il rapporto Gray e le indagini di Scotland Yard

Nel frattempo, Scotland Yard sta indagando anche sulla festa di compleanno di Boris Johnson nella Cabinet Room a Downing Street il 19 giugno del 2020. Party a cui ha presto parte lo stesso primo ministro britannico. Nel rapporto sul partygate si legge che “gli incontri nell’ambito di questa indagine sono distribuiti lungo un periodo di 20 mesi (nel 2020 e 2021, ndr), un periodo che è stato unico negli ultimi tempi in termini di complessità e ampiezza delle richieste ai dipendenti pubblici e in effetti al pubblico in generale”.

E continua ricordando l’impegno di funzionari e di tutti i servitori dello Stato. Inoltre, spicca un’affermazione che potrebbe avere ricadute molto importanti sul futuro del premier conservatore. “C’è un insegnamento significativo da trarre da questi eventi che devono essere affrontati immediatamente in tutto il governo. Per questo non è necessario attendere la conclusione delle indagini di polizia”. Gray parla infine di un “eccessivo uso di alcol” nei party, il quale non è appropriato per quei luoghi istituzionali.

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