Kabul, la scuola di musica tace sotto i talebani: studenti in fuga

Suonare uno strumento può trasformarsi in un gesto estremamente pericoloso sotto il regime dei talebani. Questo è quello che stanno affrontando gli studenti e il personale dell’Istituto nazionale di musica afghano, noto come ANIM, dopo che i talebani hanno dichiarato che avrebbero vietato la musica dopo la loro acquisizione al potere. Le porte della celebre scuola hanno chiuso i battenti e i suoi corridoi sono improvvisamente silenziosi.

Gli studenti sono tutti timorosi e preoccupati. Capiscono chiaramente che se tornano a scuola, potrebbero subire conseguenze o essere puniti per quello che hanno fatto“, ha detto alla BBC il fondatore e direttore della scuola, Ahmad Sarmast. A ogni studente è stato chiesto di lasciare il proprio strumento a scuola: custodirlo a casa rappresentava un rischio troppo alto per le famiglie.

La scuola diventata un simbolo di libertà

Quando, agli inizi degli anni duemila, gli Stati Uniti liberarono il Paese dal dominio dei talebani, la scuola di musica divenne il simbolo della nuova identità afghana. Il motivo? Aveva riportato la musica nelle aule delle studenti, liberando un’intera generazione di afghani, aprendo le porte all’arte, alla cultura e all’istruzione per tutti. Qui, è infatti nata Zohra, la prima orchestra tutta al femminile dell’Afghanistan, che si è esibita davanti a un vasto pubblico sia a livello nazionale che internazionale. Qui, bambini orfani e ragazzi di strada hanno avuto per la prima volta l’opportunità di studiare. Infine, sempre qui, alunni e alunne hanno suonato musica afghana e occidentale nella stanza stanza: una rarità in Afghanistan.

Incerto il destino dell’Istituto di musica di Kabul

Ma la storia si ripete. Da quando l’Afghanistan è tornato sotto il controllo dei talebani, il destino della scuola di musica più prestigiosa di Kabul è appeso un filo. “È un momento di devastazione dei nostri sogni, di speranza, di ispirazione per il futuro“, ha detto il preside della scuola, parlando da Melbourne, in Australia, dove da metà luglio si trovava con la famiglia.

Quando la situazione è precipitata, Sarmast sapeva che i suoi studenti stavano correndo un rischio troppo alto e ha ordinato a tutti di tornare a casa. “Gli studenti hanno molta paura per il loro futuro. Temono di non poter più suonare, ma temono anche per la loro vita“, ha concluso il direttore. Ma l’invito è quello di continuare a cantare, continuare a suonare e continuare ad ascoltare musica. Perché “l’autocensura apre la strada al divieto della musica“, come ha ricordato il direttore in un tweet di pochi giorni fa.

 

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