Come è cambiata Cuba a 5 anni dalla morte di Fidel Castro

“Hasta la victoria siempre”. Con queste parole un commosso Raul commentava la morte, 5 anni fa, del fratello Fidel Castro.
Figura poliedrica, iconica al limite del mitologico per milioni di cubani, Fidel Castro ha segnato profondamente la storia dell’America latina nella seconda metà del Novecento. Portavoce di aspirazioni ancora irrisolte, dal tempo del colonialismo spagnolo, le gesta di Fidel misero a nudo le contraddizioni e le pesanti ingiustizie sociali nelle quali l’isola continuava a versare. Non più assoggettata alla Spagna ma sotto la pesante influenza degli USA.
Fidel fu portavoce e simbolo di una rivoluzione che voleva essere una promessa di libertà, anche se in molti casi le promesse non sono state mantenute.

Cosa ha rappresentato Fidel Castro per Cuba

No vamos a ser eternos gobernantes“, promise Fidel Castro nel 1961, parlando come sempre di sé al plurale. E invece governò in eterno (o quasi) finché non cedette nel 2008 i poteri al fratello Raul, continuando l’era castrista.
Disse che Cuba avrebbe avuto un tenore di vita superiore a quello degli Stati Uniti, ma non s’è mai liberata dalla libreta, la tessera del razionamento. Profetizzò una rivoluzione sociale a Washington e il trionfo del socialismo sovietico, che non ha mai avuto luogo.
I milioni di cubani che sostenevano Fidel non lo facevano perché garantiva maggiore prosperità. Lo facevano perché lo considerava come il portabandiera della sovranità cubana, dell’orgoglio nazionale e della promessa di una società più equa.

L’era castrista

Dopo aver cacciato dall’isola il dittatore Fulgencio Battista, il governo di Fidel Castro riuscì a soddisfare molte richieste del popolo, come la riforma agraria, mettendo in pratica dei programmi a sostegno dei cubani più poveri. Al tempo stesso, esercitò una forte repressione politica contro gli oppositori, esercitando un ampio controllo sulle fonti di informazione e una dura censura artistica.

Eppure Fidel uscirà vincitore dalla storia e per molti, rimane un’icona. Non perché il suo modello di socialismo abbia funzionato, ma perché rimase sempre un uomo del popolo. Ma soprattutto, fu in grado di tenere testa agli yankees. Con tutto quello che ha comportato per Cuba e per i cubani, in primis l’embargo americano che lasciò l’isola povera e isolata.

Paradossalmente, la punizione imposta dagli Stati Uniti a Cuba è stata il più potente carburante della legittimità di Castro. Fornendogli l’occasione di agire come Davide contro Golia, trasformando Cuba da isola isolata a terra protetta, attenta ad evitare le contaminazioni esterne, per preservarne l’identità.

La morte di Fidel e l’apertura con gli USA

Solo la fine del governo di Fidel poteva aprire il dialogo con gli USA, che è avvenuto mentre Obama era in carica.
Era il 17 dicembre del 2014 quando i presidenti Raul Castro e Barack Obama annunciarono che Cuba e USA avrebbero riaperto le relazioni. Una svolta diplomatica che ha sorpreso tanto la comunità internazionale quanto i cubani stessi, che hanno accolto la notizia con ottimismo seppur con cautela.
Da quel momento i cubani hanno vissuto eventi che erano impensabili quando Fidel Castro aveva lasciato il potere: le bandiere a stelle e strisce sono tornate a sventolare nell’ambasciata americana riaperta all’Avana. E un presidente Usa, Barack Obama, si è recato in viaggio a Cuba per la prima volta dopo 88 anni.
L’isola ha ricominciato ad accogliere i turisti, ma anche imprenditori, fornendo carburante alla stagnante economia isolana
La “nuova”Cuba è stata anche teatro di spettacoli inaspettati, dallo storico concerto a marzo 2016 dei Rolling Stones, alla sfilata di Chanel in una strada del centro dell’Avana.

La morte di Fidel ha rappresentato non solo la fine di un’era ma la fine di un sogno, di una Cuba gloriosa. Un sogno, forse impossibile, ma abbastanza potente da spingere milioni di cubani a sognare con lui.

 

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