Covid, la corsa ai vaccini nel mondo:
regna la disparità fra ricchi e poveri

“Nessuno mette in dubbio che il mondo sia ingiusto. Ma nessuno si sarebbe aspettato un gap di vaccini così ampio fra i Paesi ricchi e poveri del mondo a questo punto della pandemia”. È questa l’amara premessa che apre un articolo dell’Associated Press in merito alle disparità nelle campagne vaccinali anti Covid a livello globale.

Covid, vaccini e disparità: i casi Haiti e Sierra Leone

Le iniquità sono dovunque. Basti pensare che negli Stati Uniti le autorità sanitarie ‘supplicano’ i cittadini di vaccinarsi; mentre Haitinel pieno di una crisi politico-sociale –, che dista appena un paio d’ore d’aereo dalla costa Ovest degli Usa ha ricevuto il 15 luglio la prima consegna di dosi dopo mesi di promesse. In tutto 500mila, a fronte di una popolazione di 11 milioni di abitanti.

In Sierra Leone il 20 giugno si è raggiunto il traguardo dell’1% della popolazione vaccinata. In Italia alcune regioni toccheranno il traguardo dell’immunità di gregge (70%) già nelle prossime settimane. Il Canada, infine, si è assicurato un quantitativo di vaccini pari a circa dieci dosi per ciascun residente.

Una situazione simile a quella di una carestia, dove solo “i più ricchi riescono ad avere il pane”, dice all’Ap Strive Masiyiwa, inviato dell’Unione africana per l’acquisizione di vaccini. La realtà è che, nonostante le promesse degli ultimi mesi, né gli Stati europei né l’America hanno mai avuto un piano per gestire la situazione a livello globale.

La sottovalutazione della pandemia di Covid-19

Di certo, a inizio 2020, non ci si sarebbe mai aspettati che il Covid-19 riuscisse quasi a mettere in ginocchio le nazioni più potenti. In passato, ad esempio con l’Ebola, le situazioni più critiche riguardavano infatti Paesi poveri, con scarse risorse dal punto di vista sanitario e più densamente abitati. Tanto che la situazione ha colto di sorpresa la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, tra indicazioni differenti e spesso contrastanti fra loro.

Nel ‘manuale’ delle epidemie dell’Oms, infatti, i livelli di preparazione per affrontarli di Ue, Usa e perfino India erano a livelli massimi. La prontezza di risposta degli Stati Uniti era stimata al 96%, quella del Regno Unito al 93%. Eppure, così non è stato.

Vaccini, la ‘corsa agli armamenti’ dei Paesi ricchi

Fin dall’inizio della pandemia, però, la Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness and Innovations) ha pensato al peggio. Perciò ha subito lanciato l’appello per una produzione su larga scala di vaccini anti Covid, evidenziando come aspetto fondamentale “il supporto di una strategia per l’accesso globale” al siero, ossia da parte di tutti senza distinzioni.

Ciò che ne è seguito è stata piuttosto una ‘corsa agli armamenti’ da parte dei più ricchi, come Usa e Uk. Avvantaggiati, fra l’altro, dall’essere i Paesi produttori dei principali vaccini: Pfizer, Moderna e AstraZeneca (oggi Vaxzevria). L’India, invece, ha usato come ‘arma’ il blocco dell’export di materiale medico-sanitario e poi anche quello di vaccini prodotti sul territorio nazionale.

Diversa la situazione in altre parti del mondo. Ad esempio in Costa Rica, dove il Governo ha realizzato insieme all’Oms un progetto di una piattaforma di scambio di tecnologie per espandere la produzione di vaccini. “Nessuna compagnia ha dato il proprio assenso a condividere i brevetti, neanche a fronte di un compenso – scrive l’Ap –. E nessun Governo ha neppure spinto affinché ciò accadesse”.

Il fallimento degli obiettivi del programma Covax

Tradotto: (quasi) nessun carico di sieri anti Covid consegnato alle nazioni più povere finora. Il che rende utopia l’obiettivo del Covax, il programma internazionale per l’accesso equo ai vaccini. Ossia immunizzare almeno il 20% della popolazione dei 92 Paesi a Pil medio-basso di tutto il pianeta entro la fine dell’anno.

Già fallito, invece, quello dell’inizio delle campagne vaccinali in contemporanea nei Paesi ricchi e in quelli poveri. Il Ghana, infatti, ha ricevuto dalle fabbriche indiane il primo carico di 600mila dosi di AstraZeneca solo il 24 febbraio. A consegnarli sono stati gli aerei dell’Unicef. Peccato che in quella stessa data, l’Inghilterra avesse già vaccinato il 27% della sua popolazione, il 13% gli Stati Uniti e il 5% in Europa. In Africa lo 0,23%.

Vaccini: il gap ‘monstre’ fra Usa, Canada e Africa

Finora Covax ha consegnato solo 107 milioni di dosi in totale. I Paesi del G7 ne hanno promesse altre 850 milioni. Ma le stime dell’Oms dicono che per fermare la pandemia ne servono almeno 11 miliardi. Le consegne del G7, comunque, secondo l’Ap non arriveranno soltanto nel 2022 inoltrato. L’Amministrazione Biden, ad esempio, aveva promesso l’export di 80 milioni di dosi entro fine giugno.

Invece, a metà luglio, ne sono partite solo 44 milioni. Di queste, 2,5 milioni di dosi di vaccini sono andati al Canada, il Paese che più di ogni altro ha già somministrato almeno una dose alla maggioranza della sua popolazione. L’Africa, invece, deve ancora ricevere le sue dosi dagli Stati Uniti.

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