Covid, in Cina solo chi pagava o aveva degli agganci trovava posto in ospedale

Mentre in Italia il numero dei contagi di Covid-19 è in continua diminuzione, così come quello dei ricoveri in area medica e nelle terapie intensive, in Cina la situazione è molto diversa o perlomeno lo è stata fino a poco tempo fa. Anche se ora le autorità ritengono superato il picco dell’ultima ondata e valutano come improbabile una nuova “esplosione di casi”, non è passato molto da quando gli ospedali erano affollatissimi e trovare posto era più una questione di contatti giusti che di fortuna. Un esempio di questa realtà è la storia di Steven, un finanziere sulla quarantina, raccontata dall’agenzia di stampa britannica Reuters (l’uomo non ha voluto rivelare il suo cognome per tutelare la privacy della famiglia).

Terapia intensiva
Photo by Norbert Kaiser licensed under CC BY-SA 2.5 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5/)

La storia di Steven

Steven è risultato positivo al Covid-19 a dicembre, durante l’ultima ondata di contagi in Cina. A otto giorni di distanza dal tampone le sue condizioni sono peggiorate, costringendo la sorella a portarlo in un ospedale di Pechino, dove però non c’erano letti disponibili. La storia si è ripetuta anche in un altro nosocomio. Di fronte a questa situazione, Steven, sempre più in difficoltà sia a camminare che a respirare, non ha potuto fare altro che provare ad affidarsi alla sua rete di conoscenze. Dopo ore di telefonate è riuscito a trovare posto nel reparto pediatrico di un altro ospedale affollatissimo, nel quale lavorava la madre di un compagno di classe di suo nipote.

La situazione durante l’ultima ondata di Covid-19

Senza questo aggancio non avrei avuto accesso a un letto e alle medicine”, ha raccontato Steven, che è rimasto in ospedale per venti giorni a causa di una severa polmonite. Come confermato da altri tre pazienti e sette dottori, nel periodo più buio dell’ultima ondata di contagi varie persone hanno “saltato la fila” sfruttando agganci, mazzette o persone con conoscenze nel settore ospedaliero. Queste scorciatoie sono diventate la normalità nel corso di dicembre 2022, quando Pechino ha rimosso all’improvviso tutte le restrizioni relative alla politica zero-Covid, causando un aumento del numero di casi e mettendo sotto stress un sistema sanitario privo di tutte le risorse necessarie ad affrontare una simile emergenza.

Per capire appieno la gravità della situazione basta tenere a mente che nel 2021 in Cina c’erano appena 4,37 posti in terapia intensiva ogni 100mila persone, come emerge da uno studio condotto dalla Shanghai’s Fudan School of Public Health.

Un ospedale
Foto | Pixabay @衍豫 陈

Tra corruzione e stipendi bassi

La facilità con la quale è possibile corrompere i medici cinesi dipende in buona parte dagli stipendi bassi che percepiscono, caratteristica che rende difficile rimpolpare lo staff degli ospedali. Secondo quanto riferito dal National Bureau of Statistics, nel 2020 solo 546.567 persone sono entrate a far parte del sistema sanitario: si tratta del numero più basso dal 2017. “Si guadagnano dai 10mila yuan (pari a 1.463,70 dollari) ai 15mila yuan al mese (2.200 dollari), troppo pochi per le ore passate in ospedale e il tempo dedicato alla formazione specialistica” ha dichiarato un medico di Shangai, che ha definito la situazione “umiliante”.

Nelle città più piccole i salari sono ancora più bassi: qui i medici guadagnano dai 3.000 yuan (circa 440 dollari) ai 5.000 yuan (circa 730 dollari) al mese, come confermato da due dottori della provincia di Sichuan. In una situazione del genere, chi lavora in ospedale è quasi costretto ad accettare le mazzette e i doni dei pazienti per arrivare alla fine del mese.

Impostazioni privacy