Che fine hanno fatto le armi che abbiamo inviato in Ucraina?

10 miliardi di euro. A tanto ammontano gli aiuti militari in armi che gli alleati occidentali hanno inviato in Ucraina dall’inizio della guerra. Ora, però, si teme che gruppi criminali possano farli uscire dal Paese e venderle di contrabbando sul mercato nero europeo. Per questo la Nato chiede a Kiev un sistema di tracciamento o di fornire un inventario delle armi arrivate sul campo di battaglia. “Quando cesserà il fuoco, arriveranno le armi illegali, aveva avvertito a giugno Jürgen Stock, il capo dell’Interpol. Anche l’Europol, che coordina la lotta internazionale alle organizzazioni criminali, ha confermato la minaccia. “All’inizio i funzionari ucraini mantenevano un registro delle armi fornite ai civili. Ma con il proseguo della guerra sono state distribuite senza mantenere un archivio, ha spiegato l’agenzia in una nota ai governi.

Ecco come l’Ucraina manterrà aggiornati gli alleati sul viaggio delle armi inviate

Adesso Kiev ha accettato di realizzare un sistema di tracciamento, con l’aiuto degli alleati occidentali. Il tutto per mantenere una visuale delle spedizioni delle armi arrivate in Ucraina. Il controllo sarà affidato all’Eu Support Hub, appena lanciato in Moldavia. Perché “è qua che si concentra il contrabbando”, ha spiegato il capo ad interim di Frontex, Aija Kalnaja. Al momento, i pallet con le armi atterrano in Polonia e vengono trasferiti al confine ucraino, dove sono suddivisi in “pacchetti” più piccoli per attraversare la frontiera e raggiungere la destinazione finale a bordo di camion, furgoni e persino auto private.

“Da lì in poi abbiamo un vuoto, ha spiegato una fonte europea al Financial Times. La possibilità che le spedizioni finiscano nelle mani sbagliate non va esclusa. Secondo il consigliere della Difesa ucraina, Yuriy Sak, però, ogni movimento delle armi all’interno o all’esterno del Paese è monitorato con attenzione da Kiev e dagli alleati. “Che l’Ucraina sia diventata un hub del contrabbando di armi non corrisponde alla realtà”, afferma Sak, per il quale chi lo sostiene “potrebbe essere parte della guerra d’informazione russa per scoraggiare i partner internazionali”.

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